Aereo caduto sul Sinai: il vero obiettivo è Al-Sisi non Putin

7 Novembre 2015

Ormai sembra quasi certo che ad abbattere l’aereo russo diretto da Sharm el-Sheikh a San Pietroburgo è stato un attentato. La tesi dell’ordigno a bordo si fa sempre più corposa dopo che gli esperti hanno analizzato le scatole nere del volo Metrojet 9268.

Pochi dubbi anche sulla rivendicazione da parte di un gruppo affigliato all’ISIS anche se, a differenza di altre volte, non sono stati forniti i dettagli dell’attentato. Alcuni analisti avevano sollevato dubbi proprio sulla mancanza di dettagli nella rivendicazione, ma è molto plausibile che la mancanza di dettagli sia volta a proteggere la talpa all’interno dell’aeroporto che ha potuto introdurre l’eventuale ordigno nell’aereo. Anche intercettazioni di conversazioni tra militanti dell’ISIS in Egitto e in Siria confermerebbero la tesi dell’attentato.

Ma se per quanto riguarda la dinamica della tragedia si è sempre più certi che si tratti di un attentato per mezzo di un ordigno a bordo, non vi è altrettanta certezza per quanto concerne l’obiettivo primario dell’attentato. La rivendicazione del ISIS fa esplicito riferimento all’intervento russo in Siria ma, come già detto, noi abbiamo molte riserve a riguardo. Noi pensiamo che l’intervento russo in Siria sia solo il secondo obiettivo dei terroristi mentre l’obiettivo primario sia l’Egitto di Al-Sisi e la sua economia che dal settore del turismo ricava circa il 20% del PIL per un valore che nel 2014 è stato di circa 5 miliardi di dollari (dati del Ministero del turismo egiziano).

Da quando Al-Sisi è salito al potere ha condotto una guerra senza quartiere contro l’estremismo islamico e contro la Fratellanza Musulmana. Sul Sinai opera una cellula denominata Bayt al-Maqqdis la quale, è vero, si dichiara affigliata all’ISIS ma che ha le radici che affondano nella Fratellanza Musulmana, che collabora attivamente con Hamas e che da mesi combatte una durissima guerra contro l’Egitto. Se, come si pensa, i responsabili dell’attentato sono proprio i miliziani di Bayt al-Maqqdis allora hanno veramente poco a che fare con i bombardamenti in Siria mentre invece hanno molto a che fare con la situazione in Egitto e in particolare nel Sinai.

Il silenzio della Fratellanza Musulmana

Quello che ci spinge a sospettare che il vero obbiettivo dell’attentato (se venisse confermata questa ipotesi) sia in realtà l’Egitto di Al-Sisi e non la Russia di Putin, è il silenzio steso dalla Fratellanza Musulmana su questa tragedia che colpisce al cuore l’economia del turismo egiziana. Sul sito ufficiale dei Fratelli Musulmani (Ikhwanweb) basato a Londra, non si fa cenno alla tragedia. Pochi accenni anche sui forum legati alla Fratellanza Musulmana. Sembra quasi che ci sia l’ordine di non parlarne. Su un forum jihadista molto vicino ai Fratelli Musulmani (che per diverse ragioni non linkiamo) alcuni giorni fa erano apparsi alcuni post che inneggiavano all’attentato e al fatto che detto attentato avesse colpito al cuore l’economia del turismo egiziana. Nel giro di poche ore quei post sono improvvisamente spariti, come se appunto non se ne volesse parlare per nascondere il vero obbiettivo dell’atto di terrorismo. La comprovata vicinanza tra Bayt al-Maqqdis e la Fratellanza Musulmana fa il resto nel farci ritenere che l’obiettivo primario dei terroristi sia in realtà Al-Sisi e non Putin.

A chi conviene?

Come abbiamo detto più volte per capire le dinamiche della complessa politica mediorientale occorre prima di tutto farsi una domanda: a chi conviene? L’Egitto è ancora molto fragile, la sua economia conta moltissimo sulla ripresa del turismo. Colpire quel settore significa colpire al cuore l’economia egiziana e rendere il Paese ancora più fragile. Il contraccolpo potrebbe essere devastante e favorire fortemente l’instabilità del Paese. Al contrario, se venisse comprovata la teoria dell’attentato, non avrebbe nessun contraccolpo nella guerra in Siria né sull’intervento russo. Certo, mediaticamente è più d’impatto rivendicare l’attentato come ritorsione per l’intervento russo in Siria, ma la vera convenienza arriva dall’indebolimento e destabilizzazione dell’Egitto, non dal colpire Putin. Se poi pensiamo all’arco temporale in cui la tragedia è avvenuta, cioè alla vigilia delle vacanze natalizie durante le quali il Mar Rosso e in particolare Sharm el-Sheikh sono tra le mete più gettonate, si fa presto a fare due conti e a stabilire a chi conviene. Destabilizzare l’Egitto significa colpire uno dei capisaldi della lotta all’estremismo islamico, il Paese musulmano più popoloso schierato contro l’ISIS, contro Hamas e contro l’integralismo. Fatevi due conti e tirate le conclusioni.

Scritto da Maurizia De Groot Vos

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