Se quanto riportato questa mattina dal quotidiano israeliano, Yedioth Ahronoth, corrisponde al vero saremmo di fronte a un forte cedimento del Governo israeliano di fronte ai terroristi islamici di Hamas e questo nonostante la schiacciante vittoria militare sul campo. Yedioth Ahronoth afferma infatti di essere venuto in possesso della bozza dell’accordo di cessate il fuoco che starebbe per essere firmata al Cairo e a leggerla c’è di che rimanere basiti.
In sostanza, secondo quanto appreso da Yedioth Ahronoth, Israele avrebbe accettato di allentare il blocco su Gaza, di allargare la zona di pesca, di concedere la consegna dei soldi destinati al pagamento degli stipendi dei dipendenti statali a Gaza, di favorire l’ingresso di merci e persone sia da Israele che dalla Cisgiordania attraverso il valico di Eretz, di raddoppiare il numero dei camion che giornalmente attraversano il valico di Kerem Shalom portandoli a 600 al giorno, di accettare il passaggio di materiali per la costruzione (cemento e altro) anche se sotto stretta sorveglianza (ma da parte di chi?). Le uniche cosa che Israele non avrebbe accettato sono la costruzione di un porto e di un aeroporto. Concessioni da parte di Hamas? Pochissime. Ci sarebbe il controllo del valico di Rafah, al confine con l’Egitto, affidato al controllo della ANP e poco altro. Non si parla più di smilitarizzazione della Striscia di Gaza.
Oggi alle 12 (ora di Gerusalemme) si riunisce il Consiglio di Sicurezza israeliano per valutare gli accordi raggiunti fino ad ora al Cairo e decidere se accettare o meno. Si prevede che sarà un Consiglio infuocato con una parte dei ministri che preme per chiudere definitivamente la questione con Hamas mentre una parte rimane prudente. La questione, effettivamente non di poco conto, è quella del subentro ai terroristi di Hamas. Secondo i fautori della tregua la ANP non sembra effettivamente avere la capacità di prendere in mano la situazione a Gaza. Abu Mazen è fortemente screditato. Il rischio, secondo alcuni ministri, è che la Striscia di Gaza diventi una terra di nessuno con tutti i rischi che questo comporta a livello di sicurezza. Secondo questa parte di ministri è meglio un Hamas fortemente ridimensionato e depotenziato a livello militare piuttosto che una situazione ingovernabile.
Il ragionamento che fanno i fautori della tregua è questo: i tunnel sono stati completamente distrutti ed è in previsione l’allestimento di un sistema di controllo capillare per individuare se i terroristi iniziano a costruirne di nuovi, un sistema che coprirà tutto il confine con Gaza. Il controllo sull’ingresso delle armi sarebbe capillare e senza un porto e un aeroporto, con i tunnel distrutti sia dalla parte israeliana che da quella egiziana, l’ingresso di armi a Gaza sarebbe assai problematico. E poi ci sono le rassicurazioni da parte di Al-Sisi sul blocco assoluto di ogni materiale che possa costituire un pericolo. Di contro c’è però la seria possibilità che un accordo del genere ridia slancio politico ad Hamas, ultimamente ai minimi termini a livello di consenso. Sarebbe quasi una sconfitta dato che, come abbiamo più volte detto, la guerra è stata fortemente voluta da Hamas proprio per questo. Per questo i contrari all’accordo premono sulla totale demilitarizzazione di Gaza e solo dopo arrivare a concedere quanto richiesto da Hamas.
Difficile dire in questo momento chi abbia ragione e chi torto. L’esperienza delle altre due guerre precedenti ci insegna che Hamas è in grado di riarmarsi con una certa semplicità e che sa usare benissimo l’effetto “umanitario” per potenziarsi. Accettando un accordo del genere è quindi prevedibile che nel giro di qualche mese ci troveremo di nuovo a parlare delle minacce di Hamas. Di contro la questione su chi controllerà la Striscia di Gaza nel caso si decidesse di far fuori Hamas non è di poco conto. Il rischio che diventi una palude piena di gruppi terroristi è davvero concreto e il disinteresse mostrato dalla diplomazia internazionale a questo problema è davanti agli occhi di tutti.
Quello che purtroppo ci appare chiaro è che la diplomazia internazionale sembra molto più attenta a salvare Hamas piuttosto che a trovare una soluzione stabile e definitiva per la Striscia di Gaza. E le due cose non sono assolutamente compatibili.
[glyphicon type=”user”] Scritto da Noemi Cabitza
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