Confesso che Donald Trump mi confonde. Del fatto che il Presidente americano non mi piaccia e non mi ispiri nessuna fiducia non ne ho mai fatto mistero anche se verso Israele si è dimostrato subito molto amichevole e dopo otto anni di Obama non è cosa da poco. Ma resto confuso su tutto il resto e in particolare su alcuni evidenti controsensi in quella che si sta delineando come la politica estera “Trumpiana”.
Il rapporto con Russia e Iran
Il primo e più evidente controsenso è quello dei rapporti con la Russia di Putin alleata di ferro dell’Iran in Medio Oriente. Trump ha detto che vuole normalizzare i rapporti con la Russia e collaborare con essa nella lotta al terrorismo islamico. Ci può anche stare, ma come si può combattere il terrorismo islamico fianco a fianco di chi è il maggior fornitore di armi degli Ayatollah iraniani che sono tra i maggiori sponsor di quel terrorismo islamico che si dice di voler combattere? E’ vero, sarà terrorismo islamico di matrice sciita e non sunnita come quello dell’ISIS, ma è pur sempre terrorismo islamico. Trump ha detto anche che vuole “rivedere” l’accordo sul nucleare iraniano ma non ha detto né come farlo né come questa sua intenzione sia vista al Cremlino che di certo non la prenderà bene e non resterà inerme vista l’importanza per Mosca dell’alleanza strategica con l’Iran in Medio Oriente. Insomma, mi si dovrebbe spiegare come si può collaborare con la Russia e allo stesso tempo combattere l’Iran.
Sciiti e Fratellanza Musulmana nel mirino
Anche nella decisione di bloccare gli ingressi negli Stati Uniti dei cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana (Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen) si intravede una certa linea politica, ma che appare confusa. Il fatto che in questa “black list” non ci siano Paesi apertamente sponsor del terrorismo islamico come l’Arabia Saudita e il Qatar potrebbe voler dire che Trump, senza badare tanto a chi realmente sponsorizza il terrorismo islamico, ha fatto una scelta di campo a favore dello schieramento sunnita ostile però alla Fratellanza Musulmana. Infatti se la scelta di inserire Iran, Iraq e Siria come Paesi sciiti e se per lo Yemen e la Somalia appare evidente che la scelta è dettata dalla situazione di quei Paesi, la decisione di inserire il Sudan appare invece come un “messaggio di pace” ad Arabia Saudita ed Egitto. Il recente scontro tra Egitto e Sudan sul Triangolo di Hala’ib con Khartoum rinvigorito nelle sue pretese territoriali dall’appoggiato della Fratellanza Musulmana sta portando a un innalzamento della tensione tra lo schieramento sunnita che fa capo all’Arabia Saudita, ostile alla Fratellanza Musulmana, e quello (sempre sunnita) capeggiato da Qatar e Turchia che invece sono forti sostenitori dei Fratelli Musulmani. E allora, se la linea è quella di osteggiare la Fratellanza Musulmana, perché non inserire nella black list anche il Qatar e finanche la Turchia? Mi pare tutto incredibilmente ambiguo.
A prescindere dal fatto che la decisione di bloccare l’ingresso di cittadini di determinati Paesi non ha nulla a che vedere con la lotta al terrorismo islamico altrimenti ci sarebbero anche cittadini sauditi e del Qatar, la decisione di Trump appare più come un “indirizzo politico”, un segnale da inviare ad amici e nemici sulla linea che intende seguire la Casa Bianca. Il problema è che sono segnali contraddittori e non si capisce bene dove vuole andare a parare il Presidente Trump.
Il rapporto con Israele
Come già detto, sin dalle prime ore è apparso evidente come la linea seguita da Donald Trump nei confronti di Israele sia diametralmente opposta a quella di Obama, più amichevole e di sostegno incondizionato. Questo dovrebbe bastare a renderlo simpatico. Tuttavia rimango fortemente scettico proprio perché Trump appare troppo “impaziente” di avvicinarsi alla Russia alleata dell’Iran. Arriverà un momento in cui gli interessi regionali di Putin si scontreranno immancabilmente con quelli israeliani e onestamente non è molto chiaro come si comporterà Trump in quella occasione. Il banco di prova sarà la situazione sul Golan siriano. A Gerusalemme sono fermamente intenzionati a impedire una presenza stabile iraniana (e degli Hezbollah) al confine con Israele. Per impedirlo però c’è solo la via militare. Come si comporteranno Putin e Trump in caso di scontro militare tra Israele e Iran (anche per mezzo di Hezbollah?). Questa è la domanda delle domande. Non vorrei che sull’altare del riavvicinamento tra Russia e Stati Uniti venga sacrificato Israele.
Non vorrei quindi raffreddare i tanti entusiasmi che vedo in questi giorni tra i sostenitori di Israele e, in maniera più accesa, tra coloro che osteggiano l’Islam in quanto tale (non il terrorismo islamico). C’è ancora troppa confusione nei movimenti di Donald Trump per eleggerlo sine die a paladino della lotta all’estremismo islamico e più in generale dell’islam, troppe contraddizioni. Mi lasciano francamente perplesso molte decisioni del Presidente americano. Non ho mai visto l’autoritarismo diventare un mezzo per la difesa della democrazia, come non ho mai visto autocrati come Putin diventare improvvisamente portabandiera dei valori democratici.
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