Mercoledì scorso un banchiere turco è stato condannato da un tribunale federale americano per aver preso parte a uno schema da un miliardo di dollari per eludere le sanzioni americane contro l’Iran, un caso che ha svelato un quadro di corruzione ad alto livello in Turchia e accresciuto le tensioni tra gli Stati Uniti e la Turchia.
Il banchiere turco si chiama Mehmet Hakan Atilla e secondo le testimonianze raccolte dalla Corte Federale di Manhattan avrebbe agito con il consenso del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan che quindi era perfettamente al corrente di tutta l’operazione.
La condanna del banchiere turco e di altre otto persone, tutte vicinissime ad Erdogan, ha fatto saltare i nervi al Presidente turco che, secondo ricostruzioni di stampa, avrebbe chiamato direttamente il Presidente americano, Donald Trump, per lamentarsi con lui del “complotto” organizzato a suo dire dalla CIA allo scopo di danneggiare la Turchia.
Ad accusare Atilla ed Erdogan c’è la testimonianza schiacciante di Reza Zarrab, un ricco e potente commerciante d’oro turco anche lui imputato nel processo ma che da accusato e diventato accusatore passando al ruolo di teste d’accusa.
Secondo l’accusa Mehmet Hakan Atilla, vicedirettore generale per il settore bancario internazionale presso Halkbank, una banca statale turca, ha aiutato l’Iran a eludere le sanzioni e ad entrare in possesso di miliardi di dollari provenienti dalla vendita di petrolio che erano detenuti dalla Halkbank. Per farlo si sarebbe avvalso del supporto dei più alti livelli del Governo turco. A ricostruire il tutto con una testimonianza fiume durata sette giorni è stato proprio Reza Zarrab che ha descritto con dovizia di particolari le operazioni illecite basate su documenti falsi e decine di compagnie di facciata. Zarrab ha testimoniato che a supportare tutta le operazioni vi erano altissimi funzionari del governo turco, di quello iraniano e le più alte cariche della banca turca. Ma il colpo decisivo ad Erdogan è stata la parte della testimonianza secondo la quale nel 2012, quando cioè Erdogan era Primo Ministro, avrebbe ordinato a due banche turche di prendere parte alla operazione volta ad eludere le sanzioni americane. E’ la prima volta che il Presidente turco viene chiamato direttamente in causa in questo gravissimo fatto criminoso.
Reza Zarrab ha anche testimoniato davanti alla giuria che per condurre in porto tutta l’operazione ha dovuto versare tangenti per decine di milioni di dollari a favore di Zafer Caglayan, allora ministro dell’economia turca, e tangenti addizionali a Suleyman Aslan, direttore generale di Halkbank e amico intimo di Erdogan. Per dare un’idea del vorticoso giro di miliardi di dollari basti pensare che Zarrab ha ammesso di aver guadagnato almeno 150 milioni di dollari da queste operazioni che lo vedevano protagonista e intermediario.
Erdogan sta facendo il diavolo a quattro dopo la sentenza di condanna che di fatto dimostra non solo che attraverso la Halkbank gli iraniani hanno ricevuto miliardi di dollari sotto sanzioni ma soprattutto che il Governo turco ne era complice coerente. Secondo il Presidente turco dietro a tutto questo ci sarebbe la CIA, l’FBI e i nemici della Turchia tra i quali il solito Fethullah Gulen che ormai Erdogan tira in ballo in ogni occasione.
Oltre al fatto che gli USA danno ospitalità a Gulen, le relazioni tra gli Stati Uniti e la Turchia sono già tese a causa del sostegno di Washington ai combattenti curdi in Siria e all’arresto da parte della Turchia di cittadini americani e dipendenti del Dipartimento di Stato. Non ultimo la decisione della Turchia di comprare missili S-400 dalla Russia ha ulteriormente aggravato la situazione. Ora questa condanna rischia veramente di diventare il punto di rottura.
Erdogan si sente sotto assedio da parte degli Stati Uniti e degli oppositori che lo accusano di corruzione. Il problema è che quando Erdogan si sente sotto assedio aumenta la repressione interna. Nei suoi discorsi pubblici la retorica anti-americana è sempre più pesantemente presente mentre le misure per mettere a tacere gli oppositori sono sempre più radicali. Questo è un pericolo serio che potrebbe portare la Turchia definitivamente sulla sponda dei nemici dell’occidente, una situazione che andrebbe a collidere con lo status di membro della NATO.
Alcuni analisti politici americani invitano il Presidente Trump a non esacerbare le tensioni con Erdogan in quanto potrebbero destabilizzare la Turchia e portarla verso una posizione pericolosamente estremista. Ma sarà difficile per Trump non considerare questa condanna e, soprattutto, non far caso all’avvicinamento di Erdogan a Russia e Iran, cioè ai due maggiori nemici dell’America.
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