Guerra Iran-Israele: uno scenario da incubo e una incombente domanda

5 Novembre 2019

È uno scenario da incubo quello descritto da Michael Oren, ex ambasciatore israeliano negli USA, nel caso di una guerra tra Iran e Israele.

In un articolo a sua firma pubblicato su The Atlantic l’ex ambasciatore israeliano a Washington descrive in maniera cruda e agghiacciante quello che potrebbe succedere e si chiede cosa faranno gli Stati Uniti in caso di conflitto.

Secondo il quotidiano americano i Ministri israeliani si sono riuniti due volte la scorsa settimana per discutere la possibilità, più che concreta, di una guerra aperta con l’Iran.

Sul tavolo uno scenario da incubo che viene ben descritto nell’articolo senza tanti giri di parole. Una vera e propria pioggia di missili si potrebbe riversare su Israele, qualcosa come 4.000 missili al giorno.

Michael Oren descrive l’attuale situazione come “estremamente delicata”. Il minimo errore, da una parte e dall’altra, potrebbe portare allo scontro aperto in brevissimo tempo.

Secondo Oren nelle riunioni della scorsa settimana «i ministri hanno esaminato il recente attacco di droni e missili da crociera iraniani contro due installazioni petrolifere saudite, concludendo che un simile attacco potrebbe essere lanciato contro Israele dall’Iraq».

Per questo motivo, secondo quanto scrive Oren «le forze di difesa israeliane hanno annunciato l’adozione di un piano di emergenza, nome in codice Momentum, per espandere significativamente la capacità di difesa missilistica di Israele, la sua capacità di raccogliere informazioni sugli obiettivi nemici e la preparazione dei suoi soldati alla guerra urbana».

«Le truppe israeliane – scrive ancora Oren – specialmente nel nord, sono state poste in stato di massima allerta. Israele si sta preparando al peggio e sta agendo sul presupposto che i combattimenti potrebbero scoppiare in qualsiasi momento».

Scenario da incubo

L’equilibrio è molto fragile, il minimo errore da una parte o dall’altra porterebbe allo scontro aperto. Nei mesi scorsi Israele ha compiuto diversi “attacchi di contenimento” contro obiettivi iraniani, ma si è sempre stati molto attenti a non superare determinate linee e, soprattutto, a non mettere in “imbarazzo” gli iraniani tanto da spingerli ad una reazione. Ma compiere un errore in questa situazione è davvero facile.

La conflagrazione, come tante in Medio Oriente, potrebbe essere innescata da un’unica scintilla. I caccia israeliani hanno già condotto centinaia di bombardamenti contro obiettivi iraniani in Libano, Siria e Iraq, preferendo scoraggiare piuttosto che mettere in imbarazzo Teheran

In queste condizioni, secondo Michael Oren, è molto facile superare il limite, basta colpire un obiettivo più sensibile di un altro, una parola di troppo da parte di qualche politico e il gioco è fatto.

«Il risultato – scrive Oren – potrebbe essere un contrattacco da parte dell’Iran, usando missili da crociera che penetrano nelle difese aeree israeliane e si schiantano contro obiettivi come il Kiryah, l’equivalente del Pentagono di Tel Aviv».

A qual punto si innescherebbe una reazione a catena. Israele risponderebbe bombardando il quartier generale di Hezbollah a Beirut e dozzine di postazioni lungo il confine libanese. Inizierebbero scambi di artiglieria e scontri armati su larga scala.

I razzi, che trasportavano tonnellate di TNT, pioverebbero a centinaia su Israele; i droni armati di carichi esplosivi si schianterebbero in strutture cruciali, militari e civili

Scrive Oren: «il numero di missili potrebbe arrivare fino a 4.000 al giorno. La maggior parte delle armi nell’arsenale di Hezbollah sono missili di stallo con traiettorie fisse che possono essere rintracciati e intercettati dal sistema israeliano Iron Dome. Ma Iron Dome ha un’efficacia media del 90 percento, il che significa che per ogni 100 missili, 10 passano e le sette batterie operative non sono in grado di coprire l’intero paese. Tutto Israele, da Metulla a nord alla città portuale meridionale di Eilat, si troverebbe nel raggio di fuoco nemico».

Poi continua: «ma i missili a guida di precisione, un numero crescente dei quali si trovano negli arsenali iraniani, rappresentano una minaccia molto più mortale. Diretti da joystick, molti possono cambiare destinazione durante il volo. Il sistema Sling di David, sviluppato in collaborazione con gli Stati Uniti, può fermarli, in teoria, perché non è mai stato testato in combattimento. E ciascuno dei suoi intercettori costa 1 milione di dollari. Anche se non viene raso al suolo fisicamente, Israele può essere dissanguato economicamente».

Per non parlare poi della possibile paralisi di porti, aeroporti, ospedali, sistemi di comunicazione, linee elettriche anche dovuti ad attacchi provenienti dal Libano, dalla Siria e dalla Striscia di Gaza. Uno scenario veramente da incubo.

Cosa farà l’America?

Ma la domanda più importante che Michael Oren si pone nel suo articolo è: «cosa farà l’America se di dovesse presentare uno scenario simile?»

Se ci fosse un pericolo reale per la sopravvivenza di Israele, se ci fosse cioè uno scenario simile a quello immaginato da Oren, gli Stati Uniti interverrebbero militarmente? La risposta, secondo Oren, è SI. Non solo, metterebbero in atto tutti quei piani in vigore da sempre per rifornire massicciamente Israele di armi.

Ora, leggendo tutto l’articolo scritto da Michael Oren per The Atlantic, si potrebbe pensare che l’ex ambasciatore israeliano sia un po’ esagerato. In realtà Oren disegna un quadro abbastanza verosimile. In fondo l’Iran negli ultimi anni ha agito proprio per creare uno scenario simile e accerchiare Israele. Riuscendoci, purtroppo.

La domanda più importante resta comunque l’ultima. Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo nella sua ultima visita in Israele ha dato ampie garanzie sul supporto americano a Israele in caso di un conflitto aperto con l’Iran. E c’è da credere che gli americani manterranno le promesse.

Resta il fatto che errori di calcolo (anche grossolani) hanno permesso all’Iran di accerchiare Israele creando una situazione, verosimile o meno, che nella migliore delle ipotesi metterà a dura prova la resistenza del piccolo Stato Ebraico.

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