Il business della intifada palestinese che avrebbe voluto mettere le mani sul più grande affare economico del Medio Oriente, quello degli aiuti alla Palestina, ha fallito il suo obiettivo, non è riuscito cioè a trasformare la cosiddetta “intifada dei coltelli” in una vera rivolta in grado di ricompattare il mondo arabo dietro alla causa palestinese.
A vanificare gli sforzi di questi criminali internazionali sono stati gli stessi palestinesi che non hanno seguito in massa i terroristi che negli ultimi sei mesi hanno ucciso e ferito centinaia di israeliani. La scintilla della “grande rivolta” non è scoccata vanificando così il piano di chi voleva affondare i denti nella torta degli aiuti ai palestinesi, prime fra tutte le tante ONG occidentali che proprio su quella torta contano parecchio per la loro sopravvivenza. Per mesi hanno incitato i più disperati tra i giovani palestinesi a commettere attentati contro cittadini israeliani e a trasformarsi in martiri affinché loro potessero continuare ad attingere indisturbati alla mangiatoia degli aiuti alla Palestina. Ma tutti gli sforzi profusi in questa direzione si sono dimostrati vani proprio perché a non crederci sono stati la stragrande maggioranza dei palestinesi.
Chi c’è dietro al business della intifada palestinese?
Come in tutti i casi del mondo nei quali c’è un business illecito, anche per il business della intifada palestinese vale la regola di seguire i soldi per capire chi c’è a monte, chi tira le fila di questo enorme affare. La prima figura che viene in mente è quella di Abu Mazen e della ANP. In realtà con il senno di poi la cosiddetta “intifada dei coltelli” è costata ad Abu Mazen un discreto gruzzolo di denaro di provenienza araba. Infatti da quando è scoppiata la cosiddetta intifada dei coltelli l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno tagliato considerevolmente gli aiuti alla Palestina e non da meno è stato il Qatar. La causa palestinese ha stancato anche gli arabi e oggi, con la minaccia iraniana diventata la prima seria minaccia al mondo arabo, l’attenzione degli sceicchi del Golfo è più rivolta a una collaborazione con Israele piuttosto che a combattere lo Stato Ebraico. E su questo versante i palestinesi sono solo un ostacolo. La stessa cosa dicasi per Hamas che ancor più della ANP si è visto tagliare i fondi di provenienza araba. Anche il tentativo di sostituire i Paesi arabi del Golfo con l’Iran non è andato completamente a buon fine a causa delle oggettive difficoltà per i pasdaran iraniani di infiltrarsi a Gaza e in Cisgiordania. Quindi, alla fine dei conti e andando al di la delle dichiarazioni di circostanza, sia per la ANP che per Hamas la intifada dei coltelli non è stata un gran business tanto che sia i palestinesi della West Bank che quelli della Striscia di Gaza si sono ben guardati da commettere grandi ed eclatanti attentati. Chi rimane allora ad avere un vero interesse affinché la intifada dei coltelli prosegua? La risposta ci arriva proprio da quella regola d’oro che ci dice di seguire i soldi. Gli unici che stanno guadagnando in donazioni e in contributi da diversi Paesi, compresi quelli europei, sono le tantissime ONG che gravitano e speculano attorno alla causa palestinese. Il primo a venire in mente è il Movimento BDS che da quando è scoppiata la cosiddetta intifada dei coltelli ha notevolmente incrementato i suoi guadagni e la sua visibilità. A ruota seguono le decine di ONG e Onlus (anche israeliane) che traggono enorme beneficio dal caos mentre sarebbero finite con una situazione di pace tra israeliani e palestinesi. A questi criminali internazionali non interessano né i Diritti dei palestinesi né sostenere la causa di uno Stato Palestinese, ma interessa solo mantenere l’attuale situazione di conflitto senza la quale il loro business morirebbe.
E’ impossibile al momento fare i nomi di tutte le ONG e le Onlus che mangiano dalla torta degli aiuti ai palestinesi perché sono davvero tante e anche perché ne nascono di nuove ogni giorno. Abbiamo cercato di averne una lista completa sia dall’Unione Europea che dalla ANP, ma dobbiamo denunciare una forte opposizione a fare chiarezza sia sul numero che sui nomi e i bilanci di queste pseudo organizzazioni umanitarie, ma ci riserviamo di farlo non appena avremo ricostruito tutta la ragnatela di organizzazioni che ruotano attorno al business della intifada palestinese e sulla delegittimazione di Israele. Un quadro purtroppo non molto aggiornato lo possiamo trovare su NGO Monitor dove si evidenziano i finanziatori pubblici (gli Stati) e i finanziatori privati di questi criminali internazionali. Ma anche NGO Monitor ha difficoltà a reperire la lista completa delle ONG coinvolte nel business della intifada anche se ne pubblica una lista che purtroppo anche in questo caso non è aggiornata. Siamo in attesa di un aggiornamento e chiarimento dalla Commissione Europea dopo quello del 2014 ma temiamo che ci faranno ancora aspettare a lungo.
Un solo fatto è certo, il business della intifada palestinese non ha raggiunto lo scopo che si era prefisso, quello cioè di riportare in auge la causa palestinese e di ricompattare il vasto mondo antisemita che gira attorno a questa causa così lucrosa. La vera intifada non è scoppiata nonostante gli sforzi profusi in tal senso da questi criminali internazionali e dai loro alleati iraniani. Ora però è arrivato il momento di farla finita e di smascherarli impedendogli di portare avanti il loro piano criminale.
Scritto da Gabor H. Friedman