Il nuovo corso tra Israele e Turchia che cambia gli equilibri regionali

25 Giugno 2016

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Il nuovo corso tra Israele e Turchia di cui abbiamo dato conto ieri e che oggi è su tutti i media israeliani non è qualcosa su cui non dibattere. La riconciliazione la Gerusalemme e Ankara sposta tutti gli equilibri regionali ed è prima di un altro durissimo colpo alla Fratellanza Musulmana ma, soprattutto, assesta un durissimo colpo alle mire espansioniste iraniane perché nei fatti porta una potenza di prima grandezza come la Turchia nell’asse anti-iraniano formato da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Israele.

Ma andiamo con ordine perché la vicenda è complessa e merita una piccola e semplificata prefazione. Israele e Turchia avevano rotto i rapporti a seguito dell’incidente della Mavi Marmara, una nave turca che nel 2010 cercò di forzare il blocco israeliano su Gaza, incidente molto controverso nel quale persero la vita nove “attivisti” turchi della IHH, una discussa ONG turca da più parti accusata di appoggiare gruppi terroristici. Da allora le relazioni tra Israele e Turchia vennero sostanzialmente interrotte. Nel corso degli ultimi anni Gerusalemme e Ankara hanno cercato diverse volte di riallacciare i rapporti. Nel 2013 fu il Premer israeliano, Benjamin Netanyahu, a fare il primo passo promettendo un risarcimento alle vittime della Mavi Marmara. Da allora è stato un susseguirsi di incontri (segreti o meno) tra le delegazioni israeliana e turca. Ma ogni volta che si arrivava vicini alla conclusione c’era sempre un ostacolo insormontabile da superare, cioè la richiesta da parte di Erdogan di togliere il blocco su Gaza, una richiesta che Israele non poteva accettare. Ora anche quell’ostacolo è stato superato con la rinuncia da parte della Turchia di chiedere la fine del blocco su Gaza. L’incontro definitivo tra le delegazioni turca e israeliana è previsto per domani a Ginevra, in Svizzera, incontro dal quale dovrebbe scaturire l’accordo definitivo tra Israele e Turchia.

Cosa è cambiato?

Cosa è cambiato? Perché Erdogan ha rinunciato alle sue richieste su Gaza nonostante la sua fortissima vicinanza ad Hamas e soprattutto alla Fratellanza Musulmana di cui proprio Hamas ne è una emanazione? I motivi sono essenzialmente due: la prima è di ordine prettamente economico e si chiama Leviathan. La scoperta di uno dei giacimenti di gas più grandi al mondo (seguita poi dalla scoperta di altri grandissimi giacimenti anche a cavallo tra Israele ed Egitto) ha innescato un meccanismo prettamente economico che vale tantissimi miliardi di dollari e che fa estremamente gola sia alla Turchia che ad Israele. Ankara ha bisogno di quel gas e Gerusalemme ha bisogno del mercato turco. Qui il discorso è un tantino più complesso e andrebbe affrontato nello specifico, cosa che faremo prossimamente, per adesso ci basta come punto di partenza per capire il meccanismo (o uno dei meccanismi) che portato alla riconciliazione tra Israele e Turchia. Il secondo punto è invece prettamente strategico-regionale e si chiama Iran. L’intervento di Teheran in Siria al fianco di Assad ha profondamente indisposto Erdogan. Anche in questo caso il discorso è molto complesso e non si può affrontare in poche righe necessitando di un articolo a parte perché il gioco dei pesi e contrappesi regionali che si vive nel conflitto siriano è davvero complesso e in parte riguarda anche quella grande massa di gas di cui parlavamo prima. Il punto è che la Turchia ha dovuto fare una scelta strategica dopo che per molto tempo era rimasta a coltivare l’orticello dei suoi interessi più o meno locali. O continuava a rimanere isolata e quasi neutra rischiando poi di non pesare sui futuri equilibri regioni, oppure sceglieva da che parte stare nel conflitto non dichiarato tra Iran e la coalizione (de facto) arabo-israeliana. Alla fine ha fatto la scelta più logica e certamente più intelligente e in linea con le ideologie di Erdogan.

Il problema Hamas

Erdogan e Khaled Meshaal
Erdogan e Khaled Meshaal

Resta irrisolto il problema Hamas. Questa mattina Erdogan ha incontrato a Istanbul il capo politico di Hamas, Khaled Meshaal. Il Presidente turco ha dovuto spiegare al capo di Hamas come e perché nell’accordo con Israele non è compresa la fine del blocco a Gaza. Ha dovuto spiegare che per Gaza è previsto un porto e un aeroporto (forse offshore) che però non saranno sotto il controllo di Hamas. E’ il prezzo dell’accordo con Israele e con la coalizione araba che combatte l’espansionismo iraniano. Non sappiamo onestamente come abbia reagito Khaled Meshaal (che ha passaporto turco) anche perché nell’accordo di riconciliazione tra Israele e Turchia potrebbe essere compresa la chiusura degli uffici di Hamas in Turchia (ma questo è uno dei punti ancora in bilico). Resta il fatto che Hamas è isolato più che mai, come non lo era mai stato prima. E se tutto questo accordo andrà in porto (come sembra) non si potrà non parlare di “capolavoro diplomatico” israeliano.

Concludendo, una cosa è certa: se l’accordo di riconciliazione tra Israele e Turchia andasse veramente in porto (ma a questo punto i dubbi sono pochi a meno di un clamoroso ripensamento di Erdogan) gli equilibri regionali in Medio Oriente verrebbero nuovamente stravolti e si formerebbe un asse temibilissimo per l’Iran formato dai Paesi arabi (Arabia Saudita, Emirati arabi Uniti ed Egitto), Turchia e Israele, un asse che oltretutto nemmeno la Russia potrebbe ignorare. E infatti le ultime mosse di Putin vanno proprio nella direzione di questo nuovo asse, ma questo è un altro discorso che affronteremo prossimamente.

Scritto da Maurizia De Groot Vos

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