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Il Presidente americano, Barack Hussein Obama, parlando ieri alla cerimonia di “laurea” dei cadetti di West Point, ha spiegato quale sarà la politica estera della sua amministrazione per i prossimi due anni, quelli che li rimangono alla fine del suo mandato.

In realtà non ha spiegato nulla di nuovo rispetto a quello che già si sapeva. Il cambio di rotta della amministrazione americana è evidente sin dall’insediamento di Obama: i terroristi e gli Stati canaglia non si combattono più, ci si dialoga. E’ questo, senza tanti fronzoli e sofisticate analisi, il succo del discorso di Obama.

Il Presidente americano ha ribadito l’indispensabilità della democrazia americana nel mondo ma ha sottolineato che “l’America non sarà più il gendarme del mondo” e che “non si getterà più in guerre sbagliate” con chiara allusione a quella Afghana e a quella in Iraq. In compenso ha detto che gli Stati Uniti useranno un altro approccio per combattere i terroristi e gli Stati canaglia come per esempio quello dell’appoggio esterno che sembra stiano per mettere in pratica in Siria. Infine ha difeso la sua politica del dialogo con l’Iran affermando di credere che una soluzione diplomatica del problema del nucleare iraniano sarà più pagante nel lungo periodo di un intervento militare anche se ha ammesso, ma non ne poteva fare a meno, che un dialogo con l’Iran è difficilissimo e che ogni opzione è sul tavolo.

In questo modo ha risposto ai critici che gli rinfacciano di aver favorito, con il suo approccio ai problemi globali, i grandi avversari degli Stati Uniti e in particolare Russia e Cina.

In realtà il nuovo mondo immaginato da Obama è una utopia. Vorrebbe mantenere la leadership americana a livello mondiale senza però sporcarsi le mani, cioè combattendo il terrorismo e gli stati canaglia attraverso il dialogo o, nella migliore delle ipotesi, attraverso dei proxy che conducano le guerre per lui. E’ un discorso che può andare bene per uno staterello che ha ambizioni regionali, per esempio l’Iran che conduce almeno tre guerre attraverso proxy, ma non certo per la più grande potenza mondiale.

Che dire poi dei rischi che comporta questo tipo di politica? Il primo e più importante è quello di consegnare il mondo libero nelle mani di regimi autoritari ed espansionisti come quello russo di Putin (ma non sottovalutiamo la Cina). Il secondo, forse più grave del primo, quello di perdere qualsiasi credibilità a livello di deterrenza. Solo un anno fa Obama minacciava un intervento americano in Siria e ieri ha detto che non invierà mai militari americani in Siria. Ora, quale paura possono avere di lui gli Ayatollah iraniani quando Obama dice che “ogni opzione è sul tavolo” parlando del nucleare iraniano? Orami è chiaro a tutti che Obama non interverrà mai militarmente in Iran e questo nonostante gli iraniani abbiano più volte detto che le loro “proxy war” sono condotte in configurazione anti-americana e, a dispetto dei discorsi, siano in piena corsa verso la bomba atomica.

E allora forse è arrivato il momento di parlare chiaro e di ammettere che il mondo libero non può più fare affidamento sugli Stati Uniti per difendere la libertà. Gli USA di Obama non sono più quella garanzia di protezione per il mondo libero che erano fino a qualche anno fa. Per carità, è una scelta di Obama che può non piacere e certamente criticabile, ma è pur sempre una scelta democratica. Però almeno prendiamone atto e soprattutto ci si adegui. Se la politica di Obama non piace, se si pensa che questa sia una politica suicida, nessuno obbliga gli altri governi a seguirla e a subirla. Mi riferisco in particolare a Israele che di certo non può accettare questo tipo di politica con l’Iran. Insomma, la linea rossa tracciata da Netanyahu due anni fa è stata ampiamente superata. E’ ora di fare qualcosa e se gli Stati Uniti non sono d’accordo se ne dovranno fare una ragione.

[glyphicon type=”user”] Scritto da Adrian Niscemi

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