L’ambizione iraniana di voler attaccare Israele usando vigliaccamente i proxy regionali, soprattutto Hezbollah, rischia di compromettere seriamente il futuro del Libano.
A sostenerlo è l’agenzia Bloomberg la quale rivela che gli scontri scoppiati domenica scorsa tra Israele e Libano hanno preoccupato notevolmente gli investitori stranieri di cui Beirut ha tremendamente bisogno e dai quali dipende quasi totalmente.
Ma non è solo Bloomberg a segnalare il pericolo. Ieri sera una nota di Moody’s ha segnalato che l’escalation con Israele «aumenta l’esposizione al rischio geopolitico incorporata nel profilo creditizio del Libano già fortemente indebitato».
«Lo scoppio della violenza transfrontaliera tra Israele e Hezbollah in violazione della risoluzione ONU 1701, danneggerà il già fragile stato dell’economia libanese» ha poi proseguito la nota della agenzia di rating. «Influirà negativamente sulla fiducia degli investitori e dei depositanti di valuta estera nel paese» ha affermato Moody’s.
Sotto accusa finisce Hezbollah che per obbedire agli ordini di Teheran rischia di trascinare il Paese in una guerra devastante che sotterrerà le già fragili possibilità di ripresa di quello che solo pochi anni fa veniva chiamato “la Svizzera del Medio Oriente”.
Anche il Fondo Monetario Internazionale (FMI) si è detto fortemente preoccupato. Un alto funzionario del FMI parlando a condizione di rimanere anonimo ha detto che «nonostante il Libano abbia sin qui rispettato tutti gli obblighi e le scadenze grazie soprattutto agli investimenti stranieri, in caso si un conflitto con Israele e della conseguente fuga degli investitoti stranieri rischia di collassare sotto un debito che al momento è pari al 180% del PIL».
L’ambizione dell’Iran e di Hezbollah e le critiche in Libano
Ieri il Governatore della Banca Centrale Libanese, Riad Salameh, ha cercato di tranquillizzare gli investitori stranieri allarmati da un possibile conflitto e dalle voci di un probabile ulteriore declassamento del Libano da parte di Fitch e di Standard & Poor’s.
«Oggi, la banca centrale ha concluso accordi di deposito con istituti privati non residenti, per cui nella seconda metà di agosto le nostre riserve sono aumentate di 1,4 miliardi di dollari raggiungendo quindi i 38,6 miliardi di dollari» ha detto Riad Salameh a Bloomberg. «Si tratta di denaro privato non residente e non di denaro del governo» ha poi aggiunto il Governatore della Banca Centrale del Libano cercando di evidenziare come le voci di una fuga degli investitori stranieri dal Libano non siano veritiere.
Tuttavia è proprio Bloomberg ad evidenziare come i depositi stranieri segnalati dal Governatore della Banca Centrale libanese siano riferiti a prima degli scontri di domenica scorsa, mentre sin da ieri molti investitori stanno cercando precipitosamente di tornare in possesso del denaro investito in Libano.
E nel Paese montano le critiche verso Hezbollah, che fa parte anche del Governo libanese. Il gruppo terrorista viene accusato, giustamente, di mettere in pericolo la già fragile economia del Paese per obbedire agli ordini di Teheran. È la prima volta che le critiche ad Hezbollah partono direttamente dall’interno del Libano.
Domenica scorsa, mentre gli scontri tra Hezbollah e Israele erano ancora in corso, era stato il ministro degli Esteri del Bahrain, Khalid bin Ahmed Al Khalifa, ad accusare Hezbollah di mettere a rischio il Libano, seguito poi da diversi altri Paesi arabi. Al Khalifa ha accusato direttamente il Governo libanese di «permettere a Hezbollah di operare in territorio libanese per conto di Teheran» mettendo così a rischio tutta la popolazione e il futuro del Paese dei Cedri.