Per Israele lo spostamento della ambasciata americana a Gerusalemme promesso dal Presidente Trump è un fatto simbolicamente molto importante ma non è la priorità. Sembra essere questa la linea che emerge dai primi contatti tra le diplomazie israeliana e americana che in questi giorni stanno lavorando all’incontro tra Netanyahu e Trump che si dovrebbe svolgere a febbraio.
Sono gli stessi americani a smorzare i toni e le attese. Ieri il Presidente Trump ha detto che “è troppo presto” per parlare dello spostamento della ambasciata americana a Gerusalemme, lasciando intendere che il discorso politico è complesso e che comunque deve rientrare in un programma politico articolato che riguarda tutto il complicato scenario mediorientale e in particolare la questione israelo-palestinese che va affrontata con i guanti bianchi.
In realtà i primi a non voler forzare la mano sono proprio gli israeliani. Israele ha ben altre gatte da pelare e adesso non ha certamente bisogno di scatenare ulteriore violenza palestinese. C’è la questione prioritaria della presenza iraniana in Siria e in particolare sul Golan. Ci sono le minacce sempre più concrete di Hezbollah. C’è il rischio concreto che i terroristi palestinesi vengano infiltrati dal ISIS. E poi c’è sempre la minaccia costante di Hamas che solo apparentemente è scemata negli ultimi tempi. Ora Israele non ha proprio bisogno di un ulteriore fronte di tensione che oltre tutto sarebbe anche interno.
Non solo. Un immediato spostamento della Ambasciata americana a Gerusalemme comprometterebbe il lungo lavoro fatto da Netanyahu per normalizzare o quantomeno migliorare le relazioni con i Paesi arabi. Non si parla solo di quelli, come Giordania ed Egitto, con i quali Israele ha regolari rapporti diplomatici, ma anche di quelli con i quali ci sono stati importanti passi avanti soprattutto in ottica anti-iraniana, come l’Arabia Saudita, un avvicinamento che ha portato a diversi risultati impensabili fino a poco tempo fa come lo stop dei finanziamenti sauditi alla ANP o alla visita alla Knesset dell’ex Generale saudita vicinissimo a Re Salman, Anwar Eshki, fino alle incredibili dichiarazioni del Principe al-Waleed bin Talal. Si tratta insomma di dare le giuste priorità alle cose e alle decisioni e di non rovinare un lunghissimo e complesso lavoro diplomatico.
Questo rallentamento sullo spostamento della Ambasciata americana a Gerusalemme non farà certamente piacere ai cosiddetti “falchi” che comunque potranno contare su altri “benefit” come il via libera alla costruzione di nuove unità abitative in Giudea e Samaria, anche queste più importanti di un atto comunque simbolico che potrebbe mandare all’aria un lunghissimo e perfetto lavoro diplomatico.
Resta inteso che il problema sarebbe solo rinviato. Gerusalemme è la capitale indivisibile di Israele e questo prima o poi dovrà essere riconosciuto da tutti perché lo Stato Ebraico non farà nessun passo indietro a tal riguardo.
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