Fanno riflettere le parole dell’ex primo ministro israeliano Ehud Barak pubblicate due giorni fa dall’edizione cartacea del quotidiano Yedioth Ahronoth, fanno riflettere perché purtroppo toccano un punto dolente della politica israeliana nei confronti dell’Iran degli ultimi anni.
In sostanza Ehud Barak non crede che Israele e Stati Uniti abbiano un piano militare praticabile per colpire il programma nucleare iraniano, qualcosa che la mattina ti alzi e scopri che il quel programma è andato indietro di cinque anni in una sola notte.
Israele lo fece con l’Iraq e con la Siria, ma non lo ha fatto con l’Iran e ora potrebbe essere troppo tardi perché in questi anni gli iraniani hanno fortemente decentralizzato il loro programma nucleare, lo hanno messo al sicuro sotto metri e metri di cemento armato.
Tuttavia i militari e soprattutto il Mossad insistono che ancora una operazione militare sia possibile.
Il Mossad è pronto per colpire in profondità in Iran
Le fonti raccontano che nei giorni scorsi tra i funzionari del Mossad girasse la voce che il servizio segreto israeliano era pronto a colpire in profondità direttamente in Iran. “Basta colpire i tentacoli, bisogna colpire la testa” si racconta che dicessero.
L’Iran starebbe per essere colpito da una nuova ondata di operazioni del Mossad. Questo a causa di un cambiamento nella politica israeliana: d’ora in poi, quando le milizie legate a Teheran creeranno problemi nella regione, lo stato ebraico si vendicherà sul suolo iraniano, raccontano le fonti.
Tuttavia anche questa nuova politica sembra essere il frutto della mancanza di un “piano B” nei confronti di Teheran. Per anni si è minacciato l’Iran senza però mettere in pratica la minaccia se non colpendo sporadicamente i gruppi legati agli Ayatollah.
Questa reticenza a colpire direttamente l’Iran ha permesso a Teheran di posizionare il suo esercito e le milizie a pochi Km dal confine israeliano. E dispiace dirlo, ma Netanyahu non è esente da colpe se oggi la situazione è quella che è.
E anche in questo caso le critiche e i dubbi espressi da Ehud Barak in merito al fatto che non ci sarebbe un “piano B” non sembrano del tutto campati in aria perché fino ad oggi è sembrato che gli israeliani colpissero i loro obiettivi, per esempio i siti iraniani in Siria, usando le informazioni che arrivavano al momento ma senza tuttavia avere una strategia precisa.
Al contrario, gli iraniani sembra che si siano mossi seguendo un piano preciso e una strategia altrettanto precisa che ha portato l’esercito iraniano ai confini dello Stato Ebraico con una facilità quasi imbarazzante.
Ora, personalmente sono portato a pensare che Israele non si sia mosso quando poteva per non rompere drasticamente con l’alleato americano. Non so se a causa di un ricatto o perché ci si è fidati della promessa di un intervento americano, intervento che purtroppo credo non avverrà mai.
Quello che so è che se oggi Israele ha il nemico alle porte ci sono delle gravissime colpe da imputare alla pari sia a chi ha promesso che ha chi si è fidato.
Se oggi, come temo, non c’è un “piano B” e si naviga ancora alla cieca si deve avere il coraggio di imputarlo a chi ha governato fino a ieri e ingenuamente si è fidato di chi diceva che l’Iran non avrebbe mai avuto la bomba atomica.
Nel frattempo affidiamoci anima e cuore al Mossad, rimasto ormai l’unica vera granitica garanzia in grado di mettere paura agli Ayatollah e di fermarli prima che davvero sia troppo tardi.