Avrà luogo oggi a Bruxelles la riunione indetta dalla Gran Bretagna, dalla Danimarca e dall’Irlanda con l’avvallo della sempiterna Catherine Ashton, per decidere l’etichettatura dei prodotti israeliani provenienti dai territori contesi, di fatto una forma di boicottaggio e di discriminazione.
La riunione, che si afferma essere informale e imparziale ma che non lo è affatto, oltre ai tre stati sopra citati vedrà la presenza di rappresentanti dell’ufficio della Ashton e di alcune Ong notoriamente schierate per il boicottaggio e il disinvestimento in Israele, mentre tutte le Ong che si sono schierate contro tali aberranti idee sono state escluse dalla riunione. Alla faccia dell’imparzialità.
I promotori vorrebbero che l’Unione Europea etichettasse i prodotti provenienti dai territori contesi con la dicitura “Made in Israeli Occupied Territory” e che venisse apposto a questi prodotti una sorta di marchio immediatamente riconoscibile.
Molto forte la protesta da parte israeliana nei confronti dell’Unione Europea. Israele ha fatto notare prima di tutto come l’Unione Europea non discuta di fare altrettanto con altri territori contesi come per esempio il Tibet, Cipro del nord, il Kurdistan, il Kosovo, le regioni russe della Georgia o quelle armene dell’Azerbaijan, dimostrazione questa di un chiaro accanimento verso lo Stato Ebraico. Poi tornando sul discorso della partecipazione di alcune Ong come l’irlandese “Trocaire”, da sempre impegnata a prescindere contro Israele, si è fatto notare come dalla riunione siano state escluse quelle Ong e associazioni che invece sono schierate con Israele, come a voler evitare qualsiasi dibattito. Infine c’è la Carta Europea dei Diritti Umani che vieta qualsiasi discriminazione mentre invece una etichettatura siffatta sarebbe senza dubbio una chiara discriminazione. Va rimarcato poi che il termine “Occupied Territory” è del tutto fuorviante in quanto secondo il Diritto Internazionale quelli che vengono definiti “territori occupati” sono in effetti “territori contesi”, una differenza non da poco e siccome ancora la Ashton e le Ong pacivendole non hanno ottenuto la facoltà di cambiare il Diritto Internazionale a loro piacimento, è chiaro che si tratta di una definizione deliberatamente fuorviante e falsa.
Va ricordato poi che presso le aziende che si vorrebbe boicottare (e che in alcuni casi si stanno già boicottando) lavorano migliaia di palestinesi che rischiano seriamente di perdere il posto come abbiamo già detto lo scorso 17 ottobre (qui il link). Si parla di 25.000 palestinesi che rischiano di perdere il lavoro a causa del boicottaggio dei prodotti provenienti dai territori contesi, un numero che si allargherebbe a dismisura se venisse accolta la proposta in discussione oggi.
Quello che però appare evidente in tutta la sua criticità è come l’Unione Europea e in particolare la sua rappresentante alla politica estera, Catherine Ashton, insieme ad alcune Ong politicamente schierate e ad alcuni Stati, siano fortemente impegnati esclusivamente contro lo Stato Ebraico mentre altre realtà molto più drammatiche vengono sistematicamente ignorate, a partire dalla situazione a Cipro, Stato membro dell’Unione Europea che vede oltre la metà del suo territorio occupato militarmente dalla Turchia senza che nessuno dica niente, anzi, con la prospettiva assurda di fare entrare la Turchia nell’Unione Europea. E’ la solita storia dei due pesi e delle due misure così tanto applicata dalla Ashton specie quando si parla di Israele.
Sharon Levi
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