La Libia sembra sparita dai radar della Amministrazione Trump. Né in campagna elettorale né nei primi mesi della sua presidenza il Presidente Trump si è espresso in merito al grosso problema che rappresenta la Libia per la sicurezza del mondo libero. Eppure la minaccia è seria e concreta.

Sulla Libia si stanno giocando diverse partite che potrebbero pesare sugli assetti futuri dell’Europa e del Medio Oriente, non solo perché dalla Libia passano le vie del traffico di esseri umani e quindi è sempre più impellente la necessità di garantire al Paese nordafricano un governo stabile che vi metta un argine, ma anche perché proprio sulla Libia si possono intravedere alleanze regionali abbastanza inedite, come quella russo-egiziana, che non dovrebbero far dormire sonni tranquilli agli Stati Uniti e agli alleati europei. Per non parlare poi dell’evidente tentativo da parte dello Stato Islamico di spostarsi su questo scenario in previsione della sempre più probabile caduta in Siria e in Iraq.

Ed è proprio sul sempre più evidente interessamento da parte dello Stato Islamico a queste terre che si dovrebbe dare la giusta attenzione. ISIS è già presente nel Sinai egiziano che usa come una sorta di piattaforma di lancio per il nord Africa e per il Sahel. Sulla Libia stanno confluendo anche i maggiori gruppi jihadisti africani a partire da Boko Haram per finire ai gruppi jihadisti dell’Africa occidentale che uno alla volta giurano fedeltà allo Stato Islamico. La recente notizia relativa allo scioglimento di Ansar al-Sharia e al suo contestuale assorbimento da parte dello Stato Islamico non lascia per nulla tranquilli e dimostra l’attivismo di ISIS nella regione oltre che ad evidenziare come un po’ alla volta ISIS stia prendendo il posto di Al Qaeda.

La Libia sta diventando il punto di confluenza tra i gruppi jihadisti mediorientali e quelli africani che approfittano della grande confusione che c’è nel Paese per creare basi permanenti e campi di addestramento nel deserto del Sahara. Non si tratta più di un problema prettamente libico ma di un problema che riguarda la sicurezza europea e quella degli Stati Uniti, un fatto che dovrebbe spingere l’Amministrazione Trump e l’Unione Europea a prendere in mano la situazione anche a costo di passare da “colonizzatori”. Non si tratterebbe quindi di “ingerenza esterna negli affari libici” ma di considerare l’evoluzione della situazione in Libia come una minaccia reale e concreta che necessita di un intervento coordinato e ragionato.

L’immobilità internazionale sulla situazione in Libia non è più tollerabile e non si può certo lasciare tutto in mano alla diplomazia anche perché è più che evidente che fino ad ora la diplomazia ha fallito. Non si può lasciare che la Libia, un paese a pochi Km dalle coste europee, si somalizzi diventando così una base permanente dello jihadismo. Gli eserciti servono anche a questo, ad evitare cioè che un paese diventi una minaccia all’occidente. E visto che il “vaso di Pandora” libico lo abbiamo aperto noi, come minimo dobbiamo fare il possibile per richiuderlo.