La politica in Medio Oriente non è mai stata facile da decifrare ma negli ultimi tempi è diventata qualcosa di incredibilmente complessa, un insieme di alleanze non dichiarate che stanno cambiando quei pesi e contrappesi regionali che fino a qualche anno fa avevano garantito bene o male che nella regione non scoppiasse un conflitto di grandi proporzioni.
Le cose sono cambiate con l’inizio del conflitto in Siria, ma non direttamente per l’avvento dello Stato Islamico come in tanti sostengono, piuttosto per quello che tale avvento ha scatenato, a partire dalla invasione russo-iraniana della Siria giustificata proprio dalla presenza dello Stato Islamico anche se sul terreno sia i russi che gli iraniani combattono tutti meno che i terroristi del ISIS.
Mosca e Teheran perseguono obiettivi diversi in Siria ma non per questo conflittuali. Ai russi interessa solo mantenere le loro basi in Siria e agiscono unicamente per questo scopo. Non c’è nessuna ragione etica o di rispetto del Diritto Internazionale nelle operazioni russe in Siria, l’unico vero obiettivo è mantenere al potere Assad (o chi per lui) per garantirsi un regime subordinato agli interessi di Mosca. Gli iraniani invece hanno obiettivi ben più ambiziosi, loro vogliono garantirsi una presenza militare continuativa in Siria al fine di creare una testa di ponte a pochi chilometri dai confini di Israele e poter così minacciare direttamente lo Stato Ebraico. Tutto gira intorno a questi due punti, sia le alleanze militari più o meno ufficiali venutesi a creare, che le azioni politiche ad esse connesse. E così succede che Israele e Arabia Saudita si trovino ad avere interessi militari e politici comuni che dopo decenni di conflitti li portano a lavorare fianco a fianco per contrastare l’espansionismo iraniano mettendo da parte antichi rancori e addirittura la scusa delle scuse, quella causa palestinese a lungo cavalcata dagli arabi per delegittimare e combattere Israele e che ora rischia di interferire con gli interessi superiori sia degli arabi che degli israeliani.
Il pericolo iraniano sempre più palpabile
Parliamoci chiaro, fino ad oggi la politica iraniana è stata condotta in modo davvero impeccabile, una spanna sopra a qualsiasi altra politica del pianeta. Negli ultimi due anni gli iraniani sono riusciti ad ottenere un accordo sul nucleare iraniano decisamente a loro favore ma, soprattutto, hanno convinto i maggiori attori internazionale che Teheran fosse l’unica alternativa all’avanzata dello Stato Islamico. Questa idea si è insinuata così in profondità che fino ad oggi nessuno a fatto caso al fatto che gli iraniani non combattono da nessuna parte contro ISIS mentre invece combattono ferocemente (direttamente o con l’aiuto degli Hezbollah) contro quei gruppi ribelli che a vario titolo puntano solo ed esclusivamente ad abbattere Assad e che per questo controllano quelle zone del Paese che servono a Teheran per raggiungere il suo obiettivo primario. La guerra dell’Iran in Siria non è contro l’ISIS, è solo una grande manovra di posizionamento finalizzata a preparare il terreno per quello che verrà, una guerra su vasta scala contro Israele. Guardando il conflitto in Siria sotto questo aspetto non cambia solo l’approccio che la politica internazionale dovrebbe tenere al fine di affrontare compiutamente il problema, cambia tutto il quadro militare della regione, cambiano le alleanze, le strategie, cambiano addirittura le politiche a medio termine dei grandi gruppi terroristici che cerano di sfruttare al meglio la mutata situazione sul terreno. La cosa buffa (per usare un eufemismo) è che Teheran non fa mistero dei propri obiettivi né delle sue intenzioni di trovare alleanze con i vari gruppi terroristici per arrivare alla distruzione di Israele.
I silenzi si sprecano
In questo contesto “preparatorio” di un grande conflitto tra Israele e Iran, i silenzi della comunità internazionale si sprecano. E’ vero che la politica internazionale è sempre stata un passo indietro ai fatti reali che accadono in Medio Oriente, ma questa volta è tutto alla luce del sole, i sospetti sono superati dalle certezze e dalle aperte dichiarazioni da intenti di parte iraniana. Eppure dalle cancellerie occidentali non arriva un fiato, non una critica alle intenzioni degli Ayatollah, quasi che fosse una cosa normale che un Paese come l’Iran si stia preparando ad attaccare Israele. Questo è il conflitto più annunciato della storia eppure non merita neppure una piccola dichiarazione preoccupata. Non ci va di fare catastrofismo e neppure di lanciare allarmi roboanti, stiamo solo analizzando la situazione per quella che è in realtà, e il fatto che la comunità internazionale rimanga completamente in silenzio ci preoccupa addirittura di più della concreta minaccia militare iraniana a Israele, consci che militarmente lo Stato Ebraico non ha nulla da temere da nessuno. Il nostro timore è che quel silenzio verrà rotto solo quando Israele correrà ai ripari per garantire la sicurezza dei propri cittadini e solo per condannare qualsiasi azione intrapresa dagli israeliani, che sia difensiva o meno. E’ già successo in passato con Hamas e sta succedendo anche ora con l’Iran. Ma attenti, l’Iran non è Hamas e una guerra tra israeliani e iraniani non sarà un conflitto secondario, al contrario, sarà una guerra su vasta scala e per nulla etica. Lo tenga presente la comunità internazionale prima di proseguire con la politica del silenzio e della indifferenza che diventa complicità con Teheran. Questa volta non possono dire nemmeno di essersi fatti trovare impreparati, la guerra che verrà tra Iran e Israele è in assoluto la più annunciata della storia moderna.
Scritto da Maurizia De Groot Vos