J Street è un gruppo di pressione ebreo-americano che ha come obiettivo dichiarato quello di mettere fine al conflitto arabo-israeliano pacificamente e attraverso l’uso della diplomazia, una missione senza dubbio lodevole e meritoria ma che non va d’accordo con le recenti azioni implementate da J Street in particolare nei campus americani dove non di frequente il gruppo di pressione si è trovato fianco a fianco con il Movimento BDS anche se ufficialmente non ne condivide la mission.

Poco prima delle elezioni americane che hanno decretato la vittoria di Donald Trump il Presidente e fondatore di J Street, Jeremy Ben-Ami, dando per scontata la vittoria di Hillary Clinton scriveva un editoriale su Ynet nel quale oltre a magnificare le lodi di Barack Obama come “strenuo difensore di Israele” sparava a zero sul premier israeliano, Benjamin Netanyahu, definito come una sorta di ingrato che non perde occasione per attaccare l’amministrazione americana «più generosa di sempre verso Israele» con un esplicito riferimento al più grande pacchetto di aiuti militari americani che sia mai stato stanziato dalla Casa Bianca. La narrativa di Ben-Ami ricorda molto da vicino quella palestinese, intrisa com’è di imprecisioni e luoghi comuni, dove da un lato ci sono i “cattivi coloni israeliani” supportati da Netanyahu che si mettono di traverso al raggiungimento della pace con i palestinesi, mentre dall’altro c’è un Obama fortemente impegnato a difendere Israele tanto da approvare il più grande aiuto militare di sempre, ma altrettanto impegnato a portare israeliani e palestinesi al tavolo delle trattative, missione non riuscita a causa degli insediamenti e della “occupazione”. Peccato che il buon Jeremy Ben-Ami non dica tre cose importantissime:

  1. Obama era contrario ad aumentare gli aiuti militari a Israele tanto che a un certo punto ha pure minacciato di mettere il veto a una proposta che era tutta repubblicana
  2. Obama aveva promesso l’aumento degli aiuti militari quando ha scelleratamente spinto per la firma di un accordo sul nucleare iraniano mettendo quegli aiuti sulla bilancia dei contrappesi regionali, quindi nel caso ha solo mantenuto una promessa fatta all’atto di trasformare l’Iran in una potenza nucleare
  3. Non è Netanyahu che si rifiuta di parlare con i palestinesi ma è esattamente il contrario, per questo quando il Presidente di J Street accusa Netanyahu e “l’occupazione” di essere un ostacolo alla pace semplicemente afferma il falso ben sapendo che è falso

Ma il massimo della retorica il Presidente di J Street la raggiunge quando afferma che Netanyahu ha cercato di portare gli ebrei a scegliere tra sostenere Obama (e la sua politica) oppure sostenere Israele attaccando chi, secondo lui, non pensa al bene di Israele ma vuole trascinare il paese in un conflitto perenne. Netanyahu non ha mai fatto questo, tanto meno ha cercato di trascinare il Paese in uno stato di perenne conflitto, cosa che per altro va avanti (e non per colpa di Israele) sin dalla nascita dello Stato Ebraico ma evidentemente Jeremy Ben-Ami non se ne è accorto. Al contrario, Netanyahu è stato uno dei Premier israeliani meno inclini all’uso della forza sebbene sia descritto come un falco. E le distanze tra la politica di Obama e quella di Netanyahu sono semplicemente la conseguenza di una diversa visione di insieme che deriva da quello che il Premier israeliano considera a ragione il peccato originale, cioè il famigerato accordo sul nucleare iraniano. Ma non solo, la visione di Obama per il raggiungimento di una pace con gli arabi, che è la stessa di J Street, prevede che Israele ceda senza trattare a tutte le richieste arabo-palestinesi senza discutere su nulla. Nella visione di Obama e di J Street quelle famose trattative tra Israele e palestinesi tanto bramate sono in realtà un atto di resa di Israele dove non si tratta su nulla ma semplicemente si accettano le condizioni poste dagli arabi.

Se c’è qualcuno che invece ha tentato e sta ancora tentando di dividere gli israeliani quella è J Street insieme a tutta quella galassia di pseudo ONG ideologizzate che non perdono occasione per attaccare la democrazia israeliana schierandosi con gli arabi e non di rado persino con il Movimento BDS, cioè con un movimento che ha come obiettivo non quello di boicottare Israele ma di delegittimarlo prima e di demolirlo poi.

Ora, è chiaro che con l’elezione di Donal Trump e la sconfitta di Hillary Clinton tutto quel bel editoriale di Jeremy Ben-Ami appare persino grottesco nel suo tentativo di “tranquillizzare” gli israeliani sul fatto che la Clinton avrebbe portato avanti la politica del “grande amico di Israele”, Barack Obama. Ma è il succo di quanto affermato dal Presidente di J Street che lascia basiti perché dimostra come gli oppositori di Netanyahu vivano completamente fuori dalla realtà israeliana preferendo vivere quella ovattata dei salotti newyorkesi fatta di retorica e passione per i cosiddetti “palestinesi” senza nemmeno provare a vedere la realtà mediorientale e israeliana. Per fortuna che il popolo di Israele la pensa diversamente.

Scritto da Maurizia De Groot Vos