Khaled Abu Toameh scrive per il Jerusalem Post e per il Gatestone Institute ed è convintissimo che l’Iran stia cercando di destabilizzare la Cisgiordania usando Hamas.
Secondo l’analista, Hamas – con l’aiuto dell’Iran – sta lavorando attivamente per scatenare una terza intifada in Cisgiordania con il doppio obiettivo di attivare violente proteste anti-israeliane e di sostituire Fatah al potere trasformando la West Bank in una nuova Striscia di Gaza in una replica del golpe che nel 2007 porto il gruppo terrorista palestinese al potere a Gaza.
La teoria dell’analista arabo-israeliano non è però del tutto sconosciuta alla intelligence israeliana e viene ampiamente condivisa anche dai media più vicini alla causa palestinese o a posizioni pro-siriane e pro-Hezbollah.
Al-Monitor per esempio questa settimana si chiedeva se l’Iran chiederà ad Hamas di aprire un fronte a Gaza per aiutare Hezbollah.
Beh, in realtà Teheran lo ha già fatto attraverso Ziad Nakhala, capo della Jihad Islamica, il quale all’inizio di questo mese si è recato in Iran proprio per discutere con gli Ayatollah la strategia migliore per attaccare Israele su diversi fronti.
Compito della Jihad Islamica è proprio quello di convincere Hamas a rompere gli indugi e aprire un fronte sud a Gaza e un quarto fronte in Cisgiordania.
E potrebbe essere proprio la Cisgiordania il punto debole della difesa israeliana. Se Hamas riuscisse veramente a scatenare una terza intifada e cercasse di destituire l’Autorità Palestinese, Gerusalemme si vedrebbe costretta a intervenire a difesa di Abu Mazen il che, comunque vada a finire, rafforzerà Hamas e destabilizzerà la Cisgiordania.
Il piano iraniano: attaccare Israele su tutti i fronti
Il piano iraniano è chiaro ormai da diverso tempo ma nelle ultime settimane sta prendendo forma. E ad essere particolarmente attiva nell’implementazione del piano iraniano è proprio la Jihad Islamica.
Dopo essere volato a Teheran, Ziad Nakhala ha inviato una delegazione di alto livello anche a Damasco e secondo indiscrezioni nei prossimi giorni lui stesso volerà a Beirut.
Obiettivo di tutto questo darsi da fare da parte del leader della Jihad Islamica è chiudere il cerchio attorno a Israele, un piano che però per riuscire ha bisogno del sostegno di Hamas, non tanto per il fronte di Gaza, perennemente aperto, quanto piuttosto per giocare l’arma della Cisgiordania.
Ormai è chiaro anche agli Ayatollah che Israele è in grado di sostenere tre fronti (quello di Gaza, quello libanese e quello siriano) ma se veramente riuscissero a destabilizzare la Cisgiordania per loro sarebbe un colpaccio che non solo aprirebbe un quarto fronte, ma che metterebbe in gravissima difficoltà Israele.
Indebolire Abu Mazen forse non è stata una buona idea
La politica di indebolire Abu Mazen vista negli ultimi mesi sia da parte americana che israeliana, forse non è stata una buona idea. Indebolendo l’Autorità Palestinese di fatto si è rafforzato Hamas e il brutto è che questo rafforzamento è particolarmente evidente proprio in Cisgiordania.
Nei fatti in tutta la Giudea e Samaria al progressivo calo di consenso visto nei confronti di Al-Fatah, cioè del partito di Abu Mazen, e della OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) è corrisposto un aumento del consenso verso Hamas, il contrario di quanto avviene a Gaza. E per Israele questa non è affatto una buona notizia.
Ora che poi il piano di Teheran diventa ogni giorno più evidente appare ancora più chiaro che indebolire Abu Mazen, che pure non è il massimo ma che in qualche modo si può controllare, non è stata una grande mossa politica.
E forse ora è troppo tardi per intervenire. La Cisgiordania è una polveriera pronta a esplodere e con l’aiuto e i soldi di Teheran la situazione potrebbe precipitare molto in fretta dando agli Ayatollah un vantaggio strategico non da poco.