Liberarsi di Trump per tornare un’America sana di mente

19 Agosto 2023
primarie partito repubblicano donald trump

Di AMOTZ ASA-EL – Non ha senso, ma è un dato di fatto. Donald Trump – un pazzo, un truffatore e un comprovato agente del caos – è destinato a diventare il candidato del Partito Repubblicano alla guida del mondo libero.

La popolarità dell’ex e aspirante presidente tra i repubblicani è cresciuta sulla scia delle sue incriminazioni. La mattina della sua incriminazione in Georgia, lunedì, Trump era al 52,7% nei sondaggi delle primarie. Il secondo candidato aveva appena il 14%.

Al momento in cui scriviamo, non c’è alcun segno che le ultime accuse possano cambiare le cose. La gente è pronta, anzi desiderosa, di insediare alla Casa Bianca un uomo il cui tentativo di ribaltare il risultato di un’elezione presidenziale sembrava evidente a milioni di telespettatori come lo è ora per un gran giurì della Georgia.

Il Partito Repubblicano deve salvare gli Stati Uniti e la democrazia dal ritorno di Trump

Sicuramente la sopravvivenza politica di Trump la dice lunga sulla più ampia crisi sociale dell’America, ma prima ancora chiama in causa le persone che queste prospezioni sondano e la casa politica che condividono: il Partito Repubblicano che è stato la spinta della giustizia razziale di Abraham Lincoln, l’edificio della stabilità nazionale di Dwight Eisenhower e il motore della rinascita economica e dell’influenza internazionale di Ronald Regan.

Ora questo partito, se sarà in linea con i suoi elettori delle primarie, insedierà nello Studio Ovale un uomo la cui stessa ricomparsa alla soglia della Casa Bianca sottolineerà la vertigine del loro partito, il declino del loro Paese e la potenziale fine della democrazia occidentale.

I dubbi sull’idoneità presidenziale di Trump riguardavano inizialmente il cambiamento di carriera di un uomo d’affari fiammeggiante. All’età di 70 anni, quando ha vinto la nomination repubblicana, il bagaglio di Trump ha sollevato dubbi sulla sua esperienza politica, sulla sua competenza diplomatica e sulla sua gravitas intellettuale.

Questo per quanto riguarda l’aspetto professionale. Dal punto di vista morale, c’erano problemi estetici – il suo linguaggio blasfemo e il suo temperamento impulsivo – e scandali comportamentali, come le sue scappatelle con le prostitute.

Su tutto questo aleggiava una patina di frivolezza, arroganza, totale mancanza di rispetto per i sentimenti e i valori altrui e una perversione dell’ideale patriottico.

Un esempio su tutti è stata la battuta di Trump sul defunto John McCain. “Mi piacciono le persone che non sono state catturate”, ha detto in riferimento al pilota da combattimento sopravvissuto alla prigionia vietnamita, in cui finì gravemente ferito dopo che un missile colpì il suo aereo.

In Israele, una dichiarazione del genere può uccidere una carriera politica. Troppe persone qui sanno cos’è la guerra, cosa comporta sopportare i suoi orrori e cosa significa sottrarsi alla sua chiamata. C’è stato un tempo in cui i repubblicani americani salutavano i patrioti. Quel tempo è finito quando il Partito Repubblicano ha barattato la sua anima con Trump.

Tali difetti nell’idoneità presidenziale di Trump sono emersi già prima della sua presidenza. Da allora, la sua leadership è stata messa alla prova empiricamente, in due tranche: prima, nella sua performance come presidente, e poi, nella sua risposta alla sconfitta.

L’accusa di questa settimana riguarda questa seconda prova, ossia l’incapacità mentale di Trump di accettare la sconfitta, il suo conseguente disprezzo per la coesione sociale dell’America e la volontà di mentire, cospirare e debilitare la Repubblica americana per servire se stesso.

I repubblicani liquidano le accuse legali che Trump deve affrontare come cospirazioni. Rimangono imperturbabili anche di fronte alla testimonianza dell’ultraconservatore Mike Pence, che ha dichiarato che il suo capo è stato “sconsiderato”, che il Presidente lo ha spinto “a rovesciare le elezioni” e che nel farlo ha “messo in pericolo tutti i membri del Campidoglio”, e alla sua conclusione che “la storia lo riterrà responsabile”.

Discutere con i credenti ciechi è difficile, soprattutto quando scelgono di credere all’incredibile. Per loro, quindi, la domanda non riguarda la situazione legale di Trump, ma la sua performance politica.

COME PRESIDENTE, Trump ha perso alti funzionari giorno dopo giorno, creando un’instabilità endemica. Dal segretario di Stato Rex Tillerson e dal capo stratega Steve Bannon al segretario alla Difesa James Mattis e al consigliere per la sicurezza nazionale Herbert McMaster, le vittime della sua caotica gestione si sommano a un turnover del 92% in 65 posizioni di alto livello, secondo un sondaggio del Brookings Institute.

Trump non sopportava la compagnia di professionisti seri e coscienziosi come Tillerson e Mattis, che facevano troppe domande e sapevano troppe cose. Voleva cheerleader che lo applaudissero anche quando incontrava incautamente il dittatore della Corea del Nord senza un piano o un obiettivo, dando stupidamente a quel bullo una legittimità immeritata in cambio di nulla.

Nel frattempo, Trump ha offerto al mondo una dieta quotidiana di tweet che si fanno beffe dell’arte stessa del governo, una volta rimproverando il presidente della Federal Reserve per la sua “orrenda mancanza di visione”, un altro giorno accusando Google di “manipolare da 2,6 a 16 milioni di voti a favore di Hillary Clinton”, un’altra volta offrendosi di acquistare la Groenlandia (facendo chiedere al primo ministro danese: “È una specie di scherzo?”).

Quest’uomo, in breve, era tanto socialmente insensato quanto politicamente avventato, diplomaticamente sprovveduto, strategicamente senza scopo e moralmente senza Dio.

Tutto ciò dovrebbe far rivoltare nella tomba le icone repubblicane di un tempo, statisti come Lincoln, Eisenhower e Reagan, ma gli attuali 26 governatori, 49 senatori e 222 legislatori del Congresso del Partito Repubblicano non si sono ancora riuniti per separarsi dal loro leader.

Sarebbe andato tutto bene se si fosse trattato solo del loro partito. Ma questo non riguarda solo i repubblicani. Si tratta della nazione americana e dell’intero mondo libero, che il Partito Repubblicano sembra pronto a scagliare alle porte dell’inferno.

C’è solo un modo per cambiare rotta: la secessione; lanciare un nuovo Partito Repubblicano; un partito che schieri persone come Tillerson, Mattis e l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, tutti testimoni in prima persona degli orrori della presidenza Trump, accanto a governatori e legislatori repubblicani selezionati disposti a gridare ad alta voce quello che dovrebbe essere lo slogan del nuovo partito: Make America Sane Again (rendi l’America di nuovo sana di mente).

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