E’ stato interessante in questi giorni leggere la stampa araba, non tanto per i resoconti sull’attacco di Hamas a Israele che rischiava di dare il via a una nuova guerra a Gaza, quanto piuttosto per alcune analisi sulla visita di Netanyahu in Oman e soprattutto per l’accoglienza riservata al Ministro dello sport israeliano, Miri Regev, negli Emirati Arabi Uniti.
Se la visita di Netanyahu in Oman è politicamente mille volte più importante di quanto successo negli Emirati Arabi Uniti, non fosse altro che per il ruolo “neutrale” dell’Oman nel Golfo Persico, è quanto successo negli Emirati che ha fatto scattare la molla (la penna) degli odiatori, specie di quelli vicini all’Iran.
Prima l’inno nazionale israeliano che risuona in un palazzetto arabo, cosa mai successa prima, poi Miri Regev, un ministro israeliano per di più donna, che viene portata in visita alla grande Moschea di Sheikh Zayed ad Abu Dhabi. Era troppo da sopportare in silenzio.

Gli analisti arabi ci hanno messo un po’ di giorni a realizzare quello che stava succedendo, a realizzare quanto fosse devastante quella visita di Miri Regev alla terza più grande Moschea del mondo islamico. Poi è apparso chiaro a tutti quello che stava accadendo, e cioè che la voglia di normalizzazione dei rapporti tra Israele e paesi arabi stava prendendo il sopravvento su tutto, soprattutto sulla causa palestinese che fino ad oggi ha impedito proprio quella normalizzazione.
Scrive Abd al-Nasser Essa sul quotidiano libanese Al-Nahar che la politica di Trump e Netanyahu sta mettendo nell’angolo la causa palestinese. «I paesi arabi della regione stanno considerando la causa palestinese come un mal di testa invece che come una causa vitale da sostenere» scrive l’analista arabo.
«La somma delle politiche delle amministrazioni Netanyahu e Trump ha spinto la leadership palestinese nell’angolo e ha spostato la causa palestinese dal centro della scena ai margini dell’agenda globale. Persino il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha dichiarato di sostenere il piano di pace e la decisione di Trump di trasferire l’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme» scrive ancora Abd al-Nasser Essa.
La critica alla normalizzazione dei rapporti tra Israele e paesi arabi non è però trasversale. Arriva solo da quella parte di stampa araba più vicina alle pozioni dell’Iran, come appunto quella libanese. I quotidiani libanesi, siriani e quelli iraniani hanno dato molto risalto alle parole dette da Hossein Amir-Abdollahian, ex vice ministro degli Esteri iraniano e attualmente Direttore Generale per gli affari internazionali per il parlamento iraniano, che commentando l’attacco di Hamas contro Israele ha detto che «l’attacco missilistico di Hamas contro Israele dimostra che la normalizzazione dei rapporti tra Israele e paesi arabi è solo un sogno che non si avvererà mai».
Ecco quindi farsi largo l’incubo di tutti gli odiatori, quella normalizzazione dei rapporti tra Israele e paesi arabi che sta mettendo fine alla radice dell’odio, alla madre di tutte le cause, quella palestinese. E per “ridimensionare” quell’incubo si arriva a dare all’attacco di Hamas contro Israele valenze che non ha, che non c’entrano nulla con quanto successo.