Con l’attacco di Hamas per conto dell’Iran a Israele di due giorni fa, tutti i modelli precedenti sono saltati. La spietatezza in stile ISIS, o se vogliamo in stile IRGC, vista in questo attacco a sorpresa ci costringe a rivedere tutti i paradigmi sin qui adottati nei momenti di crisi tra Israele e Hamas.
Sento parlare di “trattative” da parte dell’Egitto con la leadership di Hamas, come se fosse come le altre volte, come se la crisi fosse innescata dal lancio di razzi o di qualche pallone incendiario.
Non ci sono margini per nessuna trattativa, prima di tutto perché la leadership di Hamas – chiaramente ben al sicuro in qualche albergo a cinque stelle del Golfo – non ha potere contrattuale se non quel centinaio di ostaggi presi apposta proprio per questo, secondo perché a tirare le fila di tutto non sono certo loro ma sono gli Ayatollah iraniani.
L’Iran e non Hamas ha attaccato Israele. Certo, il gruppo terrorista che da decenni tiene in ostaggio la Striscia di Gaza ci ha messo la faccia, ma la firma è quella della Forza Quds, la sezione dei Guardiani della Rivoluzione incaricata delle operazioni all’estero.
Lo stato di guerra dichiarato ieri contro Hamas deve quindi estendersi ai mandanti dell’attacco, cioè agli Ayatollah iraniani, che quindi divengono un obiettivo legittimo.
Oggi gli Ayatollah negano qualsiasi loro coinvolgimento nell’attacco a Israele, ma appena ieri confermavano la rivelazione della Jihad Islamica palestinese che ammetteva candidamente che mezzi, addestramento e piano erano “made in Teheran”.
D’altronde il piano adottato da Hamas per attaccare Israele è tale e quale a quello studiato da Hezbollah riservato all’invasione della Galilea poi reso vano dalla operazione Northern Shield.
E a proposito di Hezbollah, è vero che dipendono in tutto e per tutto da Teheran, ma sono prima di tutto un importante partito politico del Libano, hanno da poco concluso un accordo con Israele sui confini marittimi che permetterà lo sfruttamento dei giacimenti di gas. Chi glielo fa fare di attaccare Israele sapendo che Gerusalemme li riporterà all’età della pietra?
Ecco perché ho detto che Hamas ha fatto per Teheran il lavoro di Hezbollah, perché la situazione in cui versa il Libano e la crescente ostilità interna nei confronti di Hezbollah, fanno si che il Partito di Dio se ne stia lontano dai guai.
E attenzione a non confondere le provocazioni che arrivano dal nord. Hamas ha un nutrito gruppo di cellule nei campi profughi palestinesi del Libano meridionale. I colpi di mortaio arrivati oggi non sono probabilmente riconducibili ad Hezbollah. Non bisogna cadere nel tranello.
Insomma, i libanesi sono stanchi della guerra con Israele. Hanno fame sia di cibo che di libertà. Hezbollah ha dato quasi tutto nella guerra in Siria per permettere a Iran e Russia di usare Assad come una marionetta. Ora sembrano stanchi e poco inclini a sacrificarsi anche contro Israele.
Quindi, per tornare al fulcro del discorso, quando parliamo dei fatti del 7 ottobre non dobbiamo parlare di un atto terroristico su larga scala, ma di una azione di guerra iraniana nei confronti di Israele. Questa volta non c’è motivo per cui i caccia debbano essere fermati a mezzora da Teheran.