Lo scorso mese di febbraio avevamo già parlato del gioco sporco messo in piedi da Erdogan e da Maduro per sottrarre l’oro del Venezuela e indirizzare i profitti illeciti verso conti privati fuori dalla portata delle sanzioni internazionali.
Ora la trama diventa ancora più fitta ed emergono dettagli ancor più precisi su questa “collaborazione” tra due dei peggiori regimi al mondo.
Estrazione dell’oro in Venezuela completamente in mano al regime
Nell’agosto del 2016 il regime di Maduro decide di mettere le mani sulla totalità delle immense riserve di oro del Paese, fino a qual momento senza alcuna regolamentazione e in mano a bande criminali o a piccoli estrattori locali. Crea così una società di stato denominata Minerven la quale, con le buone o con le cattive, in breve tempo prende il controllo delle ricchissime miniere d’oro venezuelane sparse tra la giungla, le montagne e la savana venezuelana.
All’apparenza la mossa di Maduro non sarebbe criticabile, è giusto che uno Stato regolamenti l’estrazione delle ricchezze presenti sul proprio territorio e il fatto che per prenderne il controllo Maduro abbia usato milizie paramilitari piuttosto che l’esercito, passa inizialmente inosservato.
Da quel momento Maduro prende il controllo totale delle estrazioni aurifere del Paese e comincia a trasformare l’oro estratto in lingotti da rivendere per ottenere valuta pregiata (dollari), cosa che il suo predecessore, Ugo Chavez, aveva sempre rifiutato di fare a causa della sua ostilità verso la valuta americana.
All’inizio l’oro viene trasformato nella sua totalità in Svizzera e permette a Maduro di incassare miliardi di dollari che però non usa per il Paese.
Tuttavia la lavorazione dell’oro in Svizzera pone non pochi problemi a causa delle sanzioni alle quali è sottoposto il Venezuela e rischia di essere “monitorato”.
Così dal luglio del 2018 Maduro comincia a inviare l’oro grezzo in Turchia, prima sporadicamente poi con sempre più costanza fino all’accordo del febbraio scorso che in pratica stabilisce che tutto l’oro estratto in Venezuela venga inviato nella città di Corum, nella regione turca dell’Anatolia, per essere trasformato e poi re-inviato in Venezuela sotto forma di lingotti.
Per alcuni mesi Venezuela e Turchia hanno continuato il proficuo affare tanto da arrivare alla cifra record di un miliardo di dollari, denaro che chiaramente non è stato usato per lenire la gravissima crisi venezuelana.
A quel punto gli Stati Uniti mangiano la foglia e vietano agli individui, alle banche e alle corporazioni americane di fare affari con chiunque fosse collegato alle vendite di oro venezuelano. La Turchia quindi si viene a trovare in mezzo a un meccanismo che rischia di escluderla dal mercato americano, non una cosa buona per un Paese già in crisi.
A quel punto Erdogan tira fuori il coniglio dal cilindro e cerca di far passare il commercio d’oro con il Venezuela per uno “scambio umanitario”: cibo e medicinali in cambio di oro.
Interpol, FBI e altre polizie cominciano così ad indagare sui traffici d’oro tra Venezuela e Turchia e scoprono che in realtà non c’è niente di “umanitario” negli affari tra Erdogan e Maduro.
Ben presto emerge quello che gli investigatori chiamano “un evoluto sistema criminale multistrato” mirato ad eludere le sanzioni e ad arricchire Maduro.
Emerge così che al centro del mercato illegale di oro dal Venezuela c’è un colombiano di nome Alex Nain Saab Moran che gli investigatori ritengono essere uno dei più potenti promotori finanziari del regime di Maduro o, più precisamente, di Maduro e del suo entourage di corrotti.
Il nome di Saab Moran è cominciato ad emergere alcuni anni fa quando gli investigatori indagavano e raccoglievano prove sul traffico di droga che passava per il regime venezuelano e sul connesso riciclaggio di denaro sporco.
Ora gli investigatori americani lo associano anche al traffico illegale di oro e al connesso mastodontico riciclaggio di denaro e sostengono che ci sia proprio Saab Moran dietro al complesso sistema criminale che permette a Erdogan e Maduro di eludere le sanzioni internazionali e di vendere l’oro venezuelano sui mercati “secondari”.
Da notare come Saab Moran, 47 anni, sia un colombiano di origine libanese il cui padre, Luis, ha fondato la Textiles Saab, un produttore di successo di asciugamani e lenzuola con sede nella città portuale colombiana di Barranquilla. Secondo gli investigatori americani Saab Moran sarebbe legato direttamente ad Hezbollah, come un po’ tutti gli uomini che girano attorno a Maduro.
Secondo gli investigatori americani della DEA dietro alle attività legali della Textiles Saab si nasconderebbe in realtà un immenso traffico di stupefacenti e di riciclaggio di denaro nonché un sistema di finanziamento per Hezbollah composto da una rete di aziende apparentemente legali che fanno capo ad elementi della famiglia Saab.
E sarebbe proprio questo ormai navigato sistema che avrebbe preso in carico l’enorme business dell’oro venezuelano che coinvolge anche la Turchia di Erdogan. [segue la seconda parte]