Medio Oriente (analisi) – Un vecchio ed esperto politico italiano, ora fuori dall’arena politica, usava dirmi spesso che «se fai fare una rivoluzione agli arabi il giorno dopo ti ritroverai con un regime islamico peggiore di quello che c’era prima, ma se fai fare una rivoluzione ai persiani il giorno dopo ti ritroverai con una democrazia».
Con il senno di poi e visto come sono finite le cosiddette “primavere arabe” possiamo dire che in merito agli arabi il vecchio e saggio politico aveva ragione. Quello che non possiamo verificare è se avesse ragione anche sui persiani visto che il primo e unico tentativo fatto dagli iraniani per contestare il regime degli Ayatolloh è finito nel sangue e che, a seguito dell’accordo sul nucleare iraniano, molto probabilmente di tentativi del genere non ne vedremo più visto che proprio a seguito di quell’accordo l’Iran è riuscito ad emergere da una gravissima crisi economica che lo stava mettendo al tappeto e che avrebbe potuto spingere i giovani iraniani a riprovarci.
Che i persiani (gli iraniani) siano diversi dagli arabi è un dato di fatto inconfutabile. L’Iran, a dispetto degli Ayatollah, è un Paese moderno con una gran massa di giovani colti e preparati, moltissimi laureati, con un settore dedicato alla ricerca che rispetto a un qualsiasi paese arabo è secoli avanti, una economia molto attiva e diversificata. L’Iran è lontano anni luce da un qualsiasi paese arabo ed è questo che purtroppo lo rende più pericoloso.
Questa mattina un editoriale del noto giornalista israeliano Eitan Haber invita i politici israeliani a cercare un modo di “parlare” con l’Iran invece di combatterlo. Haber ricorda i motivi che hanno portato l’Iran ad essere il più acerrimo nemico di Israele tra i quali il sostegno di Gerusalemme allo Scià che sarebbe, a detta sua, alla base dell’odio dei persiani verso Israele e, tra le altre cose, dice anche che non sarebbe vero che i giovani iraniani sarebbero stanchi di questo conflitto continuo con Israele e che preferirebbero la pace con Gerusalemme, anzi, dice che sarebbero proprio i giovani a spingere gli Ayatollah verso la guerra con lo Stato Ebraico in quanto «educati da anni ad odiare Israele». Personalmente non sono per niente d’accordo con questa ultima teoria pur concordando sul fatto che Israele dovrebbe cercare il modo di aprire un canale diplomatico e di dialogo con l’Iran anche se, bisogna ammetterlo, non è la stessa cosa di quella fatta a suo tempo con Egitto e Giordania che, secondo Eitan Haber, renderebbe fattibile questa eventualità. Non sono d’accordo proprio perché, come si diceva prima, i persiani non sono arabi e l’Iran di oggi non ha niente a che vedere con la Giordania e l’Egitto di allora (nemmeno con quelli di oggi). Oggi l’Iran è una potenza quasi nucleare, con un esercito ben addestrato e armato e, checché ne dicano i guerrieri da salotto, non sarà facile per Israele uscire vincente da un conflitto con gli Ayatollah. Ma i giovani iraniani che Eitan Haber descrive quasi come “il motore trainante dell’odio anti-israeliano dei persiani” non sono affatto contenti di questa situazione. Anzi, sono proprio i giovani iraniani a spingere affinché questo stato di guerra permanente ma non dichiarata arrivi alla fine e che tutto finalmente si normalizzi.
Il punto è che i persiani non vedono più in Israele quello Stato che aveva appoggiato lo Scià, non più dopo tanti anni. Il problema è più grave. I persiani vedono in Israele il potente Stato che nel conflitto interno al mondo musulmano tra sciiti e sunniti ha scelto di schierarsi con questi ultimi. E’ questo, a mio modesto parere, quello che l’Iran considera il “peccato mortale” commesso da Israele. E siccome Israele è l’unica potenza in Medio Oriente in grado di contrastare l’espansionismo iraniano nei confronti dei Paesi sunniti, è chiaro che proprio lo Stato Ebraico sia in cima alle priorità iraniane.
E si noti bene che l’Iran con Israele sta facendo terribilmente sul serio. Non minaccia solo di voler distruggere lo Stato Ebraico, si comporta esattamente come farebbe chi questo compito lo vuole portare a termine.
Come se ne esce? Non basta dire, come fa Eitan Haber, che bisogna aprire un canale di dialogo con l’Iran, bisogna creare le condizioni per farlo. Se in Europa ci fossero meno antisemiti e filo-arabi la cosa potrebbe essere presa in carico da Bruxelles, ma cosa possiamo aspettarci da una Mogherini apertamente anti-israeliana? C’è poco da aspettarsi anche dagli Stati Uniti di Trump che hanno scelto (loro veramente) di schierarsi con gli arabi mettendo i persiani al primo posto dei loro nemici. D’altro canto non ci si può certo fidare di Putin. Alla fine rimangono solo Gerusalemme e Teheran.
Ora, l’attuale situazione tra Iran e Israele non da realisticamente molte possibilità di scelta, anzi, ne da solo due: pace o guerra. C’è poco da scegliere. Una guerra sarebbe di proporzioni devastanti e finirebbe per danneggiare entrambe le nazioni oltre a, probabilmente, scatenare un conflitto regionale. Non credo quindi che questa opzione sia quella che Israele e Iran preferirebbero. Resta la pace ma che per avere una qualche chance deve per forza vedere un avvicinamento delle due potenze regionali. Certo, se a Teheran non ci fossero i fanatici Ayatollah tutto sarebbe più semplice, anche più naturale viste le affinità tra persiani e israeliani. A cambiare le cose potrebbe essere la reciproca presa di coscienza di avere un comune nemico: gli arabi. Personalmente credo che se è vero che l’Iran nel breve periodo sia il nemico più temibile per Israele continuo a pensare che i più pericolosi nemici della democrazia israeliana siano comunque gli arabi. Bisogna fare distinzione tra “pericolo imminente” rappresentato dai persiani e “pericolosità effettiva” nel lungo periodo. Io non credo alle aperture saudite verso Israele, non ci credo perché sono state dettate dalla paura per l’espansionismo sciita-iraniano non da un effettivo ammorbidimento delle posizioni antisemite arabe che, ne sono più convinto, tornerebbero ai massimi livelli nel momento in cui il pericolo iraniano dovesse scemare. E allora perché non ragionare su un livello superiore? Perché non ragionare nel lungo periodo pur rimanendo attenti ai pericoli imminenti? L’unico modo per evitare una devastante guerra tra Iran e Israele della quale ne beneficerebbero solo gli arabi è questo.
Quindi per tornare all’editoriale di Eitan Haber, fa piacere che finalmente in Israele qualcun pensi a una strada alternativa alla guerra con l’Iran (che sarebbe veramente devastante) specie se a farlo è una personalità del calibro di Eitan Haber, ma non basta iniziare a parlarne, serve il coraggio di implementare certe politiche. Ce lo avranno questo coraggio Netanyahu e Rohuani?