Se è vero, come è vero, che il New York Times è l’organo di stampa ufficiale di Obama c’è poco da stare tranquilli sull’incontro di lunedì tra Netanyahu e il Presidente americano in merito a un aumento degli aiuti militari americani a Israele.
Come fa notare questa mattina il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth [1] in base a quello che un funzionario della Casa Bianca ha detto al New York Times [2] gli aiuti militari a Israele non passeranno dagli attuali 3 miliardi di dollari l’anno a 5 miliardi come promesso da Obama all’indomani dell’accordo sul nucleare iraniano. La Casa Bianca accampa “problemi di bilancio” ma l’impressione è che Obama si sia semplicemente rimangiato la parola data. Forse ci sarebbe la possibilità di portare il numero degli F-35 dagli attuali 35 a 50, ma anche questa appare una possibilità remota. Poco probabile anche la consegna dei convertiplano V-22 Ospreys su cui i generali di Netanyahu contavano parecchio.
E allora cosa va a fare Netanyahu a Washington? Sempre secondo il New York Times i due leader dovrebbero firmare una sorta di “protocollo di intesa” volto a rafforzare il pacchetto di aiuti militari americani a Israele in un prossimo futuro, probabilmente dopo l’uscita di Obama dalla Casa Bianca. Ma nell’immediato si vedono poche novità all’orizzonte.
Personalmente ritengo che questo repentino cambio di rotta da parte di Obama dipenda moltissimo dalle affermazioni del neo portavoce di Netanyahu, Ran Baratz, che diverso tempo fa su alcuni social media aveva accusato Obama di essere un “moderno antisemita” e John Kerry di essere un “comico da cabaret”. Non sono bastate le tempestive scuse di Netanyahu e probabilmente la promessa di rimuovere Ran Baratz dal suo ruolo (sebbene abbia detto quello che tutti pensano), Obama ha preso la palla al balzo per rimangiarsi la parola data. Prendiamoci anche questa e facciamo il countdown all’uscita di scena di Obama. Mancano poco più di 15 mesi al 20 gennaio 2017 e anche se sembra un tempo interminabile durante il quale Obama potrà fare disastri a non finire libero com’è da impegni elettorali, siamo fiduciosi che Israele resisterà anche a questo in attesa di tempi migliori.
Scritto da Adrian Niscemi
Note
[1] Articolo su Yedioth Ahronoth
[2] New York Times