Ora che abbiamo il “piano del secolo” ovvero il Piano di pace americano per il medio Oriente posso commentare tutto il mio pessimismo, sperando di essere smentito.
Con tutta la buona volontà che questa amministrazione sta facendo per trovare una soluzione che metta fine alla ormai secolare guerra tra Israele e arabi-palestinesi – tenendo conto anche del Mandato britannico – e tenendo presente i passati tentativi, come ad esempio gli accordi di Oslo e Camp David e lo sgombero di Gaza da parte del governo Sharon, non sembra che si possa arrivare alla soluzione sperata.
Già dopo la Risoluzione ONU 181 del 29 novembre 1947, che stabilì la costituzione dei due stati, gli arabi non vollero accettarla. La risoluzione che, come si sa, scontentava anche gli ebrei che venivano privati della Giudea e Samaria, di Gerusalemme (che finì sotto il controllo ONU) e con un territorio non uniforme ma diviso in tre parti.
Se all’epoca gli arabi avessero accettato, avrebbero ottenuto la sovranità di un territorio ben più grande di quello attuale e un’ unione economica con lo Stato Ebraico, con benefici materiali e commerciali.
Questa proposta di unione economica da parte ebraica fu rifiutata perché si preferì la soluzione armata per scacciare i loro vicini. Non da soli, ma con l’aiuto dei paesi arabi confinanti che sembravano dovessero spazzare via lo Stato Ebraico in breve tempo. Quindi abbandonarono le proprie case sicuri di ritornare vittoriosi senza gli ebrei che “sarebbero stati gettati in mare”, come si diceva durante Guerra d’Indipendenza del 1948. Sappiamo come è andata a finire con le vittoriose guerre israeliane del 1948, 1956, 1967 e 1973 e l’acquisizione di territori che hanno ampliato e uniformato lo Stato Ebraico.
Con le migrazioni ebraiche dall’Europa orientale a cavallo tra Ottocento e Novecento le comunità ebraiche bonificarono molte zone soggette a malaria, crearono strutture scolastiche e servizi sociali, portarono le innovazioni tecnologiche per l’agricoltura, irrigarono le zone desertiche e crearono oasi in mezzo al deserto sotto forma di nuovi villaggi immersi nel verde.
Anche gli arabi vicini a queste comunità ne beneficiarono, tanto che l’Israel Office Information nel 1952 per conto del Governo israeliano pubblicò un documento dove comparivano le statistiche e le informazioni brevemente elencate qui sopra e venne sottolineato che durante gli anni Trenta gli arabi vicino agli insediamenti ebraici che usufruirono dei servizi avevano un livello di istruzione superiore rispetto a quelli di tutto il Medio Oriente.
Con questo breve cenno storico vogliamo sottolineare che già 71 anni fa gli arabi della Palestina che fu avrebbero potuto approfittare dell’occasione per vivere in tranquillità, ma hanno preferito un’altra strada con la generosa collaborazione degli allora potenti paesi arabi che hanno attuato una vera e propria operazione di destabilizzazione dell’area. Con i risultati che conosciamo.
Ora con ANP in Giudea-Samaria, con Hamas e PIJ nella Striscia di Gaza sarà difficile che un piano di pace, qualunque esso sia, vada a buon fine nonostante le concessioni israeliane passate e i finanziamenti che arriveranno, tenendo conto delle attuali infiltrazioni iraniane in quei territori che sono una vera spina nel fianco.
Chi governa gli arabi-palestinesi vuole la distruzione di Israele e non la prosperità del suo popolo. Occorrerebbe da parte della comunità internazionale e di quei paesi arabi che ora collaborano con Israele una vera e propria opera di bonifica a livello politico.
Oppure sperare nelle parole di Golda Meir: “la pace arriverà quando gli arabi ameranno più i loro bambini di quanto odino noi”.