Le dimissioni del Ministro degli esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, hanno fatto gioire diversi personaggi a lui ostili a partire dal Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, il quale ha detto che sostanzialmente non cambia nulla in quanto sia Zarif che il Presidente iraniano, Hassan Rouhani, altro non sono che fantocci di Ali Khamenei e dei Guardiani della Rivoluzione iraniana, i cosiddetti “Pasdaran”.

In realtà cambia moltissimo ed è sinceramente strano che un personaggio del calibro di Pompeo rilasci certe “superficiali” dichiarazioni.

In primo luogo, volenti o nolenti, Zarif (insieme a Rouhani) era quello che riusciva a tenere a freno i potentissimi Guardiani della Rivoluzione Iraniana. Qualcuno li definisce “la parte moderata del regime iraniano”, il che forse è esagerato in quanto unire la parola “moderato” con il regime iraniano può apparire ai più un ossimoro. Tuttavia c’è una parte di verità.

Se c’è una cosa che né Zarif né Rouhani vogliono, a dispetto delle dichiarazioni, è una guerra con Israele e con gli Stati Uniti. Mohammad Javad Zarif è troppo pratico per non vedere la pericolosità di innescare un conflitto con due potenze tecnologicamente avanzate come quella israeliana e quella americana.

A differenza dei Pasdaran, la priorità di Zarif era quella di creare le condizioni affinché l’economia iraniana riprendesse vigore. E non è certo un conflitto con Israele (tanto meno con gli Stati Uniti) che può innescare una ripresa economica.

In tanti, compreso il sottoscritto, abbiamo criticato l’accordo sul nucleare iraniano, non per partito preso ma perché effettivamente quell’accordo era una schifezza. Tuttavia proprio quell’accordo aveva avuto un importante e purtroppo sottovalutato risvolto positivo, quello di indebolire a livello interno i Pasdaran e di rafforzare il cosiddetto “fronte moderato” del regime iraniano.

Il ritiro degli Stati Uniti da quell’accordo, legittimo e giusto quanto volete, ha però rilanciato le ambizioni guerrafondaie dei Pasdaran mettendo sia Zarif che Rouhani in una bruttissima posizione interna.

Non è un caso che Mohammad Javad Zarif abbia cercato in tutti i modi di salvare quell’accordo almeno con l’Europa. Da quell’accordo dipendono infatti le possibilità per l’Iran di dare il via a una ripresa economica degna di questo nome, una ripresa che avrebbe ulteriormente indebolito i Pasdaran e lo stesso Grande Ayatollah Khamenei.

E’ evidente che a questo punto è passata la linea dura dei Guardiani della Rivoluzione iraniana, cioè rompere l’accordo sul nucleare iraniano con tutti e dare il via a quel conflitto con Israele che proprio i Pasdaran stanno preparando da anni.

Ora, io so benissimo che molti “sostenitori” di Israele non aspettano altro che menare le mani con l’Iran, anche se immagino che molti di loro siano comodamente in occidente e non hanno figli nell’IDF. Per questo motivo questa mattina in tanti hanno gioito alla notizia delle dimissioni di Zarif. Beh, c’è poco da gioire perché le dimissioni di Zarif con molta probabilità vogliono dire guerra, ed è facile bramare la guerra con il sedere degli altri.

Questo naturalmente non vuol dire che la politica di Zarif fosse quella giusta o che l’accordo sul nucleare iraniano era da salvare. Su questo mi sono espresso decine di volte. Tuttavia la sconfitta di Zarif è la vittoria dei Pasdaran e questo, permettetemelo, mette in secondo piano tutto il resto, specie perché arriva in momento molto particolare con Israele in piena campagna elettorale e l’Arabia Saudita che sta scegliendo chi sarà il successore di Re Salman, e non è affatto detto che sia Mohammad bin Salman su cui tutti in occidente hanno puntato.

Insomma, c’è poco da gioire nel passare dalla padella alla brace, c’è poco da gioire quando la guerra si avvicina a grandi passi, c’è poco da gioire per la vittoria dei Guardiani della Rivoluzione Islamica.