RD Congo: rapporto sul Coltan insanguinato

by 1 Dicembre 2013

coltan

Riproponiamo oggi un rapporto di qualche tempo fa, ma attualissimo, sul Coltan insanguinato estratto nella Repubblica Democratica del Congo e ampiamente usato (perché indispensabile) su tutti gli apparecchi elettronici di uso quotidiano. La nostra speranza è quella di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di introdurre il Protocollo sulla certificazione della provenienza del Coltan, un documento indispensabile per mettere fine ai conflitti per il controllo delle miniere di Coltan nella RD Congo.

La distribuzione e lo sfruttamento delle miniere illegali di Coltan

Zona interessata dallo studio: settore nord-est della Repubblica Democratica del Congo, regioni di Orientale  e Nord Kiwu

Obbiettivo del rapporto: individuare le miniere di columbo-tantalite (coltan) irregolari e/o sotto il controllo dello Stato. Monitorare il mercato del coltan e le violazioni dei Diritti Umani legate alla sua estrazione. Individuare le possibili soluzioni e il sistema di regolarizzazione del mercato di columbo-tantalite.

Sommario:

  • Contesto e area presa in considerazione
  • Le miniere illegali di coltan. Collocazione
  • La vendita del coltan e il tragitto dai campi di estrazione ai punti di raccolta
  • Chi compra il coltan del Congo
  • Perché coltan insanguinato?
  • Le conseguenze del mercato illegale del coltan (coltan insanguinato)
  • Cosa fare per interrompere il mercato di “coltan insanguinato”
  • Conclusioni

 

Contesto e area presa in considerazione

L’area presa in considerazione dal rapporto è molto vasta e impervia. Le vie di comunicazione sono difficilmente percorribili e in alcuni periodi dell’anno risultano impraticabili con mezzi a motore. Per raggiungere alcuni punti di estrazione del coltan è necessario percorrere lunghi tratti a piedi e attraversare la foresta. La zona è infestata da bande di criminali e/o di ribelli colpevoli di indicibili violenze nei confronti della popolazione. La zona presa in considerazione dal rapporto dovrebbe essere in teoria sotto il controllo del contingente delle Nazioni Unite (MONUC – United Nations Organization Mission in the Democratic Republic of the Congo) ma in effetti i militari dell’Onu escono difficilmente dai loro compound e controllano solo le principali vie di comunicazione e gli snodi stradali più importanti. Durante il periodo preso in considerazione dal rapporto si sono verificati diversi casi di violenze anche nelle principali città senza che la forza di pace delle Nazioni Unite sia intervenuta. Tutta l’area presa in considerazione dal rapporto è estremamente instabile fatto questo che rende il numero degli sfollati interni molto elevato e continuamente soggetto  a variazione, conseguenza anche del fatto che gli sfollati interni si muovono a seconda di dove si verificano gli attacchi, fatto questo che rende difficile la registrazione degli sfollati da parte delle numerose Ong che operano nell’area con conseguenze deleterie sul sistema di assistenza. L’area è stata interessata da diverse epidemie l’ultima delle quali, ancora incorso, di colera che ha mietuto centinaia di vittime (vedere rapporto parziale del 4 luglio). L’estremo nord-est della regione di Orientale è interessato dalla presenza di diversi gruppi criminali e di ribelli, tra i quali i temibili ribelli ugandesi del Lord’s Resistence Army,  che oltre a commettere indicibili violenze sulla popolazione, rapiscono decine di bambini per gli scopi più vari, dal ridurli in schiavitù nelle miniere di diamanti e coltan (i maschi) e in schiave sessuali (le femmine), fino a trasformarli in bambini soldato. Le zone che non sono sotto il controllo delle autorità nazionali sono diverse, in particolare la foresta e la riserva di Okapi, il Parco Nazionale del Garamba, le aree introno alle città di Watsa, Dungu e Niangara per quanto riguarda il nord e le aree attorno le città di Bunia, Beni, Butembo,Masisi, Sake e Goma per quanto riguarda il sud della regione di Orientale e di Nord Kiwu. Particolarmente difficile al situazione nella regione del Parco Nazionale di Kahuzi Biega, il quale risulta totalmente fuori dal controllo nazionale.

Le miniere illegali di coltan. Collocazione

Le miniere illegali di coltan, cioè quelle che non sono sotto il controllo del Governo della RD del Congo, sono tantissime. Nelle regioni prese in considerazione dal rapporto sono 109 quelle individuate ma moltissime non siamo stati in grado di individuarle sia per la difficoltà a raggiungerle sia per i problemi di sicurezza che questa azione comporta. E poi ci sono centinaia di piccoli punti di estrazione, per lo più gestiti da privati e scoperti per caso. Vere e proprie buche che riescono a malapena a sfamare una famiglia anche perché il fatto di essere fuori dai giri gestiti dai gruppi criminali o ribelli significa spesso l’impossibilità di portare il minerale estratto fino al punto di raccolta. Le miniere sono sparse un po’ in tutto il territorio ma le più grandi si trovano nel settore nord nei pressi dei villaggi di Gili, Azizima, Alomo, Kana, Ana, Tandro, Mangai, Ndoa e Drasuma. Altre miniere di grosse dimensioni, talmente grandi che si assiste ad un vero e proprio disboscamento delle foreste visibile anche dall’alto e dai satelliti, si trovano nella grande foresta di Okapi e nella vicina riserva di Okapis. In queste miniere lavorano migliaia di bambini, spesso costretti a lavorare per pochi centesimi di dollaro al giorno o addirittura gratis. I bambini sono molto utili perché riescono a infilarsi nelle strette buche scavate per estrarre il coltan. Molti di loro perdono la vita o rimangono invalidi a seguito di crolli delle gallerie. Ogni campo (o miniera) ha al suo interno un rudimentale servizio di intervento medico, almeno i più grandi, ma non ci sono medicine o attrezzature chirurgiche da pronto intervento. Tantomeno vi sono persone adeguatamente istruite a interventi medici di emergenza. Nella maggioranza dei casi si tratta di persone adibite ad estrarre chi è rimasto vittima di un crollo e a portare loro un primo intervento di soccorso che si limita al solo bendaggio e al lavaggio con acqua delle ferite. Le buche crollate vengono riaperte nel giro di poche ore e altri bambini mandati al loro interno per estrarre il minerale. Tutte le miniere sono controllate da uomini armati che provvedono anche a mantenere l’ordine nel campo di estrazione e a “convincere” i restii a lavorare. Il più grande campo di estrazione che si trova nella foresta di Okapi è controllato da un certo Melly Makoma il quale controlla indirettamente anche altri campi. Si sa poco di questo personaggio. Qualcuno sostiene che lavori per i ribelli del FDLR (The Democratic Forces for the Liberation of Rwanda), mentre altri dicono che sia un indipendente a capo di un potentissimo gruppo paramilitare non legato con nessuno in particolare. Un fatto è certo, Melly Makoma fa affari con tutti e non esita a usare la violenza e il rapimento per trovare operai (schiavi) da adibire all’estrazione di coltan. Ogni anno nelle miniere illegali di coltan in RD Congo muoiono migliaia di persone delle quali moltissimi sono bambini costretti con la forza a fare quel lavoro. Altre miniere di coltan ma di dimensioni minori sono state scoperte nei pressi dei villaggi di Midi-Midi, Ndedu, Biodi, Nzoro, Bumva, Tora e Giro, posti nell’estremo nord-est del Paese. A gestire queste miniere sono gruppi criminali formati da ex ribelli e da ex militari. Nel caso di queste ultime miniere la collusione di militari delle Nazioni Unite e di militari dell’esercito regolare congolese è più che evidente dato che, come vedremo in seguito, sono loro a supervisionare le operazioni di carico del minerale su aerei da trasporto. Altre miniere sono state segnalate all’interno del Garamba Park ma entrare in quella zona è quasi impossibile in quanto è controllata dai ribelli ugandesi del Lord’s Resistence Army. Testimoni però riferiscono che molti dei bambini rapiti dal LRA sono costretti a lavorare nelle miniere di coltan (e di diamanti) presenti nel Garamba Park e che è stata costruita addirittura una pista di atterraggio nel cuore della foresta per consentire agli aerei da carico di atterrare.

La vendita del coltan e il tragitto dai campi di estrazione ai punti di raccolta

La vendita del coltan avviene quasi sempre in appositi punti collocati nelle maggiori città dell’area oggetto del rapporto. Uno dei maggiori punti di vendita si trova nella città di Butembo, in un locale protetto da uomini armati. E’ in quel locale che i mediatori vengono contattati dagli acquirenti, nella maggior parte dei casi inviati di aziende cinesi produttrici di elementi elettronici e di batterie per telefonini. Di solito il mediatore, che lavora per coloro che controllano il campo di estrazione, e l’inviato delle industrie produttrici di elementi elettronici si conoscono e non c’è quasi mai la necessità di contrattare il prezzo. In altre occasioni le “partite” di coltan vengono messe all’asta. Per esempio le vendite che avvengono nella città di Dungu, a nord del Paese, vengono tutte effettuate con il sistema dell’asta. Così avviene anche per le vendite effettuate nelle città di Isiro e di Bunia. Questo sistema rende difficile stabilire con certezza il prezzo del coltan che varia molto di volta i volta a seconda della richiesta oppure dei partecipanti all’asta. In ogni caso chi partecipa alle aste fa parte di una ristretta cerchia di persone ed è molto difficile che una persona sconosciuta possa partecipare alle aste.

Il pagamento delle partite viene effettuato quasi sempre al momento dell’aggiudicazione dell’asta, cioè prima di ricevere la merce. Questo perché al momento di caricare il minerale sull’aereo da trasporto ci sarebbe il rischio di un attacco da parte di qualche banda criminale. Solo chi dispone di una propria pista di atterraggio riscuote il denaro all’atto della consegna. Altre volte i carichi di coltan vengono pagati con carichi di armi che arrivano direttamente con l’aereo che poi caricherà il minerale. In questi casi vengono usate solo piste appositamente costruite per questo scopo, lontane da occhi indiscreti, spesso in mezzo alla foresta.

Una volta che il coltan è stato aggiudicato o venduto si deve provvedere al suo trasporto dal campo di estrazione al punto di carico. I punti di carico possono essere posizionati anche a molti kilometri di distanza dal punto di estrazione, più che altro posizionati in tratti di strada asfaltati o in apposite piste di atterraggio costruite ad hoc. Il trasporto del minerale dal punto di estrazione al punto di carico viene affidato a portatori locali che percepiscono qualche dollaro in più di chi estrae il minerale ma che sono costretti a percorrere lunghissimi tratti di strada con 40/60 Kg di minerale sulla schiena attraverso la foresta, in percorsi che spesso si rivelano essere delle vere e proprie trappole. Molti portatori perdono la vita durante questo tragitto. Il loro carico viene immediatamente recuperato da altri portatori e consegnato a destinazione per rispettare la quantità di minerale che era stata pattuita (e pagata) tra mediatore e inviato delle industrie elettroniche. In questo mercato non si ruba e non si inganna. La pena è la morte. L’unico caso in cui viene segnalata la consegna diretta del minerale è quello che riguarda il Lord’s Resistence Army anche se si parla di piccole quantità di coltan abbinato a oro e diamanti. In questo caso il punto di carico, secondo diversi testimoni, è nella foresta del Garamba Park e compratori sono sconosciuti.

In moltissimi casi, specie quando il pagamento è in denaro e non in armi, le operazioni di carico del coltan vengono controllate da soldati regolari dell’esercito congolese e in qualche caso addirittura da militari dell’Onu della forza MONUC. In questi casi parlare di episodi di corruzione non è affatto azzardato.

Chi compra il coltan del Congo

A comprare il coltan congolese sono principalmente aziende di componentistica elettronica e di batterie per cellulari. Negli ultimi anni hanno preso il sopravvento le ditte cinesi che, a differenza di quelle europee, non si fanno scrupolo di acquistare il coltan dalle miniere clandestine. La Cina in questo momento acquista circa l’80% della produzione congolese. Questo anche perché le aziende americane sono interdette da una legge emanata nel 2010 dall’amministrazione Obama che vieta loro di acquistare “coltan insanguinato”, cioè estratto senza il rispetto dei fondamentali Diritti Umani e motivo di conflitti, come quello congolese. Anche le aziende europee hanno dei limiti imposti dalla Tantalum-Niobium International Study Centre, ma sono segnalati alcuni casi di aziende europee che hanno aggirato detti limiti. Il fatto che la maggior parte delle batterie per cellulari sia prodotto in Cina favorisce senza dubbio le aziende cinesi che acquistano il “coltan insanguinato” pagandolo molto meno di quello acquistato attraverso vie legali.

Perché coltan insanguinato?

Si definisce “coltan insanguinato” quel minerale estratto in zone di conflitto dal cui ricavato si finanziano i conflitti stessi. Si definisce altresì “coltan insanguinato” quel minerale estratto senza che vengano rispettati i Diritti Umani degli operai o per la cui estrazione vengono usati minori o persone costrette con la forza a lavorare nelle miniere.

Le conseguenze del mercato illegale del coltan (coltan insanguinato)

Nella parte nord-est della Repubblica Democratica del Congo, si sono combattute diverse guerre per il controllo delle risorse minerarie, tra le quali appunto il coltan. Negli ultimi dieci anni le guerre per il controllo delle risorse minerarie sono costate circa cinque milioni di morti nella RD del Congo, un vero e proprio genocidio dimenticato. Tra queste risorse una per le quali si combatte ancora è proprio il coltan il cui prezzo è arrivato in alcuni casi a superare quello dell’oro. Solo negli ultimi anni la situazione si è in parte stabilizzata anche perché i gruppi predominanti hanno preso il controllo delle maggiori miniere. Tuttavia esistono centinaia di piccole miniere per le quali si combatte ancora e per le quali si muore. Piccoli e grandi gruppi ribelli se le contendono a suon di massacri con conseguenze drammatiche per la popolazione e per e aspettative di sviluppo dell’area. Anche le miniere controllate dai gruppi predominanti sono fonte di gravi effetti per la popolazione locale e non, come dovrebbero, fonte di sviluppo. Questo perché il sistema delinquenziale con il quale vengono gestite va molto oltre la semplice violazione dei Diritti Umani. Le persone che vi lavorano sono in molti casi letteralmente schiavizzate, costrette a lavorare 15 ore al giorno per pochi centesimi di dollaro. Bambini di ogni età vengono sottratti ai genitori per lavorare nelle miniere di coltan. I più grandi e robusti vengono invece impiegati come portatori, un lavoro che sfinisce e che spesso porta alla morte per stenti o per incidenti lungo il percorso. Le foreste congolesi sono costellate di piccoli cimiteri dove vengono seppelliti in tutta fretta i portatori deceduti. Quello dei portatori è un risvolto spesso sconosciuto delle violazioni dei Diritti Umani perpetrate ai danni dei “lavoratori del coltan”. Molto spesso infatti ci si concentra su coloro che estraggono il minerale dimenticansi di quelli che portano il minerale dalla zona di estrazione a quella di carico. Ma il problema più grande legato all’estrazione del coltan rimane quello del finanziamento dei gruppi armati e quindi delle guerre. Gruppi armati come il FDLR (The Democratic Forces for the Liberation of Rwanda) o il LRA (Lord’s Resistence Army) si finanziano esclusivamente con il mercato illegale di minerali quali il coltan, i diamanti e l’oro grazie alla complice compiacenza delle grandi industrie che traggono enormi guadagni da questi conflitti e dal mercato illegale dei minerali, pagati fino al 70% in meno rispetto alloro valore di mercato. Parlare di “coltan insanguinato” o di “diamanti insanguinati” non è quindi solo un modo di dire, ma è una triste realtà del Congo, una realtà che costa milioni di vittime innocenti.

Cosa fare per interrompere il mercato di “coltan insanguinato”

L’unica via per interrompere il mercato di “coltan insanguinato” e quindi i conflitti ad esso collegato rimane quella di un “protocollo di certificazione della provenienza del coltan” sulla falsariga del “protocollo di Kimberley” per i diamanti. Non c’è altra strada. Solo il divieto di acquistare “coltan insanguinato” può mettere fine alla strage di innocenti in Congo. Il problema è l’opposizione della Cina a questo protocollo già presentato alle Nazioni Unite. Un’altra strada, almeno per quanto riguarda la RD del Congo, sarebbe quella del controllo statale delle miniere. Purtroppo però, come detto, Kinshasa non controlla il nord-est del Congo e, probabilmente non ha la forza (o la volontà) di farlo. Dovrebbero essere le Nazioni Unite a facilitare il Governo congolese in questa opera di normalizzazione ma, come più volte accennato, la connivenza dei militari dell’Onu con i criminali che controllano il mercato del coltan è più che evidente, fatto questo che interdice l’Onu da qualsiasi azione di “normalizzazione”.

Conclusioni

Il mercato illegale del coltan nella Repubblica Democratica del Congo coinvolge decine di migliaia di persone schiavizzate e provoca decine di micro-conflitti estremamente sanguinosi che a loro volta impediscono qualsiasi forma di normalizzazione dell’area mantenendola in una situazione di perenne conflitto che ogni anno provoca migliaia di vittime. Il fatto strano e difficilmente accettabile è che tutto questo avviene alla luce del sole, addirittura sotto l’occhio vigile delle forze dell’Onu, fatto questo che è del tutto inaccettabile. Le violazioni dei Diritti Umani legate allo sfruttamento delle risorse minerarie della Repubblica Democratica del Congo non sono più accettabili nello stato in cui avvengono dove parlare di connivenza delle nazioni Unite non è esagerato. Per questo è necessario approvare quanto prima il “protocollo di certificazione della provenienza del coltan” e fare in modo che il Governo congolese prenda quanto prima il controllo dell’area.

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