Russia, Iran e Turchia si sono incontrate ieri a Mosca ufficialmente per trovare un accordo in merito a una soluzione politica in Siria, ma c’è il forte sospetto che in realtà l’incontro di ieri sia stato una specie di Jalta del 21esimo secolo volto a stabilire una divisione della Siria in aree di influenza dove i più penalizzati saranno i curdi lasciati alla mercé di Erdogan.
Secondo l’agenzia di stampa turca Anadolu i Ministri degli Esteri di Russia, Iran e Turchia hanno concordato una “dichiarazione congiunta” volta a trovare una soluzione in Siria. In realtà quanto riferito da Anadolu non vuol dire nulla, anzi, solleva molti dubbi sul futuro della Siria prima di tutto perché a Mosca mancava un rappresentante degli Stati Uniti senza i quali, volenti o nolenti, sarà difficile imbastire un piano di pace per la Siria, poi perché nei fatti le tre potenze regionali puntano chiaramente a mantenere i loro personali vantaggi strategici senza badare tanto al futuro della Siria.
Nessuno dei tre combatte ISIS
A dispetto delle dichiarazioni ufficiali nessuna delle tre potenze regionali che si sono incontrate ieri a Mosca combatte ISIS. Russi e iraniani sono impegnati a combattere contro i ribelli siriani a vario titolo legati allo jihadismo di stampo sunnita legato ad Al Qaeda e molto vicino alla Turchia. Ankara dal canto suo è interessata solo a non permettere la nascita di una enclave curda in Siria e per farlo ha bisogno anche degli jihadisti di Al Qaeda, magari trasferendoli da teatri ormai persi come quello di Aleppo sui fronti dove combattono i curdi. Gli interessi russi e iraniani non convergono ma sono funzionali l’uno all’altro. Mosca è interessata a mantenere i suoi porti e le basi aeree gentilmente concesse da Assad, mentre Teheran vuole rafforzare la sua presenza militare in Siria in configurazione anti-israeliana. Lo Stato Islamico controlla solo marginalmente i territori di interesse russi e iraniani per cui né Mosca né Teheran sembrano interessati realmente a combattere ISIS. La Turchia dal canto suo è rimasta ferma fino a quando i curdi non hanno iniziato a conquistare territori allo Stato Islamico (con il fondamentale aiuto degli Stati Uniti), dopo di che ha iniziato a bombardare i curdi (non lo Stato Islamico) per fermarne l’avanzata e ora punta a trasferire i ribelli in fuga dalle zone riconquistate dai russi e dagli iraniani (con l’aiuto di Hezbollah) in quelle al momento sotto controllo curdo. In nessun caso Russia, Iran e Turchia combattono ISIS se non sporadicamente.
Il problema con Israele
Il Ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha insistito moltissimo affinché venisse «salvaguardata l’integrità territoriale della Siria» e per questo, secondo l’agenzia di stampa iraniana IRNA, si è accordato con la sua controparte russa affinché si creasse una sorta di coordinamento per impedire che la sovranità siriana venga violata da “elementi terzi”. In sostanza, con la scusa della inviolabilità del territorio siriano, russi e iraniani hanno discusso un piano volto a impedire raid aerei in Siria contro obiettivi legati all’Iran o agli Hezbollah. Nel mirino ci sono gli attacchi mirati israeliani ai convogli di armi avanzate dirette agli Hezbollah, attacchi che né i siriani né gli iraniani hanno i mezzi per fermare. Non è chiaro quali garanzie abbia dato il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov al suo collega iraniano, ma è ragionevole pensare che dopo gli attacchi israeliani in Siria avvenuti nelle settimane scorse senza che la Russia abbia sollevato la minima protesta, fatto questo che aveva indispettito gli Ayatollah iraniani, Lavrov abbia promesso qualcosa per placare l’ira di Teheran. Questo non significa che Israele si scontrerà con la Russia ma di certo qualcosa potrebbe cambiare nell’atteggiamento di Mosca verso Gerusalemme e la sua necessità di impedire che armi avanzate raggiungano Hezbollah.
Silenzio da parte degli Stati Uniti
Sarà che ci si avvicina al cambio di guardia alla Casa Bianca, ma l’esclusione degli Stati Uniti dall’incontro di Mosca appare come un vero e proprio schiaffo diplomatico a Washington e la cosa non sembra turbare più di tanto gli americani. Poche parole sono state spese dalla stampa americana su questo importante incontro, in parte oscurato dai fatti avvenuti in Turchia e in Germania ma che non giustificano il silenzio della Casa Bianca. Il New York Times riporta le parole di Andrew J. Tabler, ricercatore presso il Washington Institute for Near East Policy, il quale fa notare che «se russi, iraniani e turchi si chiudono in una stanza per decidere il futuro della Siria senza interpellare gli Stati Uniti, Washington ha un problema molto serio». Ma la tendenza generale è quella di non parlarne.
Scritto da Adrian Niscemi