Una premessa: ho sempre creduto poco alle promesse di Trump su Gerusalemme, quelle che per intenderci volevano il trasferimento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, non tanto per le oggettive difficoltà di implementazione quanto piuttosto perché ho sempre pensato che fosse la tipica promessa elettorale.

Le dichiarazioni fatte ieri dal Segretario di Stato americano Rex Tillerson confermano che Trump ha cambiato idea, se mai l’ha avuta veramente, il che non sarebbe la fine del mondo, solo gli stupidi non hanno dubbi diceva Luciano De Crescenzo. Ma se De Crescenzo aveva ragione altrettanto ne aveva Mao Tse-tung quando diceva che solo gli stupidi sollevano pietre che poi ricadono sulla loro testa. E quella di Gerusalemme non è proprio una pietra, assomiglia più a un macigno.

E’ stato Trump a fare quella promessa quando nessuno glielo aveva chiesto e ora, nel caso venisse confermato che ha cambiato idea, quella stessa plateale promessa cadrà sulla sua testa proprio come un macigno, specie se verrà confermato o si avrà l’impressione che il Presidente americano ha ceduto alle pressioni degli arabi.

A far ritenere che il ripensamento di Trump derivi dalle pressioni arabe, oltre alla logica, ci sono diversi fattori concomitanti, dalla visita di Abu Mazen alla Casa Bianca, una visita che seguiva quella del Re di Giordania Abd Allah e del presidente egiziano Al Sisi, fino al contratto da 100 miliardi di dollari per la fornitura di armi all’Arabia Saudita. La tempistica purtroppo non lascia spazio a tanti dubbi in merito ai motivi del ripensamento del Presidente americano.

Una retromarcia evidente da parte di Trump l’avevamo già vista sugli insediamenti e ora ci si chiede su cos’altro il Presidente americano farà retromarcia.

Perché è un brutto segnale? A parte alimentare il sospetto che le promesse di Trump valgano quanto quelle di un Pinocchio qualsiasi, la cosa che lascia basiti è la sudditanza americana ai desiderata arabi. Se una cosa del genere l’avesse fatta Obama a quest’ora lo avremmo crocefisso, seppellito di critiche e accusato di tradimento. Stranamente con Trump siamo tutti più “comprensivi”. Eppure ci sarebbe di che preoccuparsi specie perché questa retromarcia arriva poco dopo che attraverso l’UNESCO gli arabi hanno letteralmente reinventato la storia della capitale di Israele. Il trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme poteva e doveva essere una risposta a quelle assurde risoluzioni.

Ieri sera Netanyahu lo ha detto, il trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme avrebbe aiutato la pace proprio perché sarebbe stato un segnale fortissimo per gli arabi in quanto avrebbe «frantumato le fantasie arabe su Gerusalemme», che invece adesso hanno avuto l’ennesima conferma che a comandare sono loro. E probabilmente non è un caso che proprio questa mattina viene annunciata la costruzione di 200 nuove unità abitative in Cisgiordania. A una promessa mancata segue sempre una reazione.

Personalmente non ho mai nascosto i dubbi sulla figura di Trump, che certamente è un buon venditore di se stesso ma che probabilmente non è quello che si può definire uno statista. L’altro giorno un amico lo ha definito “un muratore” e quindi una persona concreta che in ogni cosa valuta i pro e i contro. In realtà non so quanto Trump possa definirsi “concreto”. Fino ad oggi non lo ha dimostrato. E se poco poco si capisse che si piega ai desiderata degli arabi allora una delle cose più importanti che lo differenziava da Hillary Clinton va a cadere, con la sostanziale differenza che la Clinton pur non essendo una statista ne capiva certamente di più.