Benvenuti nel nuovo anno, benvenuti nel 2016. Se il buongiorno si vede dal mattino il 2016 sarà l’anno del terrore islamico. Come chiamare diversamente un anno iniziato con un diffuso terrore di attentati, con centinaia di migliaia di persone che hanno rinunciato ai festeggiamenti in piazza per paura di attentati, con intere città blindate e addirittura con grandi capitali che hanno rinunciato agli eventi pubblici o li hanno notevolmente ridimensionati?
Facile dire a parole “non dobbiamo farci condizionare, non dobbiamo rinunciare alle nostre abitudini”, lo ha ripetuto anche il Presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno, ma nella pratica è esattamente quello che è avvenuto. Oggi persino i dati del Vaticano ci dicono che l’affluenza all’angelus del Papa e agli altri eventi (giubileo compreso) si è ridotta della metà per paura del terrore islamico. Continuare a nascondersi dietro a un dito, a dire che va tutto bene e che non dobbiamo farci condizionare dal terrore islamico è quanto di più sbagliato si possa fare.
Come è sbagliato continuare a non ammettere che esiste un grave problema di convivenza con l’Islam, non certo per colpa dell’occidente, perché non ammettere il problema significa non affrontarlo, significa danneggiare anche i musulmani che con il terrore islamico non c’entrano nulla e che magari ambiscono a una vita normale in Europa o in occidente, lontani dai precetti radicali del Corano e dal Medio Evo islamico in cui ci vorrebbe trascinare il terrore islamico.
Il terrore islamico non si combatte solo in Siria o in Iraq, ma lo si combatte anche a casa nostra.
I recenti attentati del 2015 hanno sancito il fallimento del sistema di integrazione dell’Islam nel sistema occidentale, questo è un dato di fatto. Gli attentatori erano musulmani nati e cresciuti in Europa, molti dei combattenti dell’ISIS sono musulmani nati e cresciuti in Europa, gente che ha provato la nostra democrazia e le nostre libertà ritenendo di non esserne parte, ripudiandole a favore del Corano e della legge islamica. Da questo dato di fatto dobbiamo partire per combattere efficacemente il terrore islamico, non dai bombardamenti in Siria o in Iraq. Certo, tutto nasce da quelle parti, ma il successivo sviluppo avuto dal “fenomeno ISIS”, il consenso molto ampio che ha questo fenomeno tra i cosiddetti “musulmani moderati” e tra i musulmani europei ha dato una spinta incredibile alla crescita numerica e di consenso dello Stato Islamico, è stata l’arma di propaganda più efficace. Dimostrare a tutto il mondo islamico che i giovani musulmani europei hanno scelto la strada della Jihad invece di quella degli agi e del progresso è stata l’arma più potente in mano di Abu Bakr al-Baghdadi. Mostrare al mondo islamico una Europa piegata su se stessa dalla paura del terrore islamico è la vittoria più importante ed eclatante per l’ISIS. Non hanno nemmeno bisogno di farli gli attentati, gli basta minacciarli per mettere in crisi tutto il nostro sistema.
Ecco perché il terrore islamico si combatte prima di tutto a casa nostra, facendo pulizia seria e accurata di tutti coloro che in qualsiasi modo sono legati allo Stato Islamico o che ne seguono le ideologie propagandando la Sharia, del tutto incompatibile con le nostre leggi.
Qui non si tratta di garantire la libertà di culto, ampiamente garantita, si tratta di far rispettare le leggi le quali collidono apertamente e palesemente con la Sharia. E’ il punto focale della lotta al terrore islamico perché è da questo che dipende la “mancata integrazione” di quei giovani musulmani europei che oggi sono l’asse portante dello Stato Islamico e che rappresentano l’arma di propaganda più potente per al-Baghdadi.
Allora benvenuti nel 2016, l’anno del terrore islamico, l’anno in cui si decideranno le sorti dell’occidente, l’anno in cui dovremo scegliere se continuare a piegarci all’Islam radicale o combatterlo a partire da casa nostra.
Scritto da Carlotta Visentin