Non ci sono ancora rivendicazioni per gli attacchi di ieri in Sri Lanka che hanno provocato 290 morti e centinaia di feriti, ma la matrice islamica appare chiarissima.
Ci troviamo quindi di fronte all’ennesima strage compiuta nel nome dell’islam. Una strage attentamente pianificata, finanziata e messa in atto con una ferocia inaudita che ha voluto colpire deliberatamente la comunità cristiana in una Paese dove convivono pacificamente diverse religioni.
Al di la delle responsabilità specifiche dell’attentato in Sri Lanka, ci sono però anche responsabilità indirette che andrebbero attentamente vagliate, in particolare quelle che riguardano i sostenitori e i finanziatori dei vari gruppi terroristici islamici attualmente attivi.
Non nascondiamoci dietro a un dito, le intelligence occidentali sanno benissimo che i milioni di dollari necessari a pianificare e portare a termini attentati sofisticati come quello visto ieri in Sri Lanka o addirittura a tenere in scacco interi stati, come per esempio la Somalia, il Libano e via dicendo, non piovono dal cielo. Ci sono altri stati dietro, stati che hanno una strategia ben definita che finanziano con milioni di dollari.
Insomma, è arrivato il momento di affrontare il problema del terrorismo islamico per quello che è realmente, non cioè come una serie di episodi casuali o “locali” ma come qualcosa che deriva da una attenta pianificazione dettata da una precisa strategia di stato.
Continuare, come sta facendo l’occidente, a far finta di non vedere che buona parte dei gruppi terroristici islamici, dai più piccoli e sconosciuti fino ai più grandi, viene finanziato e armato da regimi islamici come parte di una strategia di stato, è un errore clamoroso che l’occidente continua a fare.
Solo per prendere i gruppi terroristici più grandi, sappiamo con certezza che ISIS e Al Qaeda, con i loro sotto-gruppi come gli Al-Shabaab somali o i nigeriani di Boko Haram, vengono finanziati dai Paesi del Golfo e dalla Turchia. Sappiamo che gli Hezbollah libanesi così come la Jihad Islamica, vengono finanziati dall’Iran. Non si scopre nulla i nuovo nell’affermare questi dati di fatto.
L’errore sta nel non affrontare la questione con una contro-strategia degna di questo nome, qualcosa che non sia solo difensivo o preventivo, ma che finalmente affronti il problema con modalità attive guidate da una linea ben definita volta a colpire quegli stati che sostengono il terrorismo islamico.
Inutile condannare ISIS e poi fare affari con il Qatar. Inutile combattere Al Qaeda e poi fare affari con l’Arabia Saudita. Inutile denunciare Hezbollah e poi fare affari con l’Iran. Inutile denunciare le milizie islamiche di Erdogan e poi trattare con la Turchia come se fosse uno stato normale e democratico.
Questa ipocrisia deve finire se si vuole veramente affrontare il problema del terrorismo islamico come se fosse un problema globale, quale in effetti è, invece che come un insieme di fatti casuali e sporadici.
Chi sostiene il terrorismo islamico deve essere messo di fronte alle proprie responsabilità e va affrontato a brutto muso colpendolo dove fa più male, cioè negli affari.
E’ arrivato il momento che l’occidente affronti realisticamente questo problema. Continuare a chiudere gli occhi per meri tornaconti economici significa accettare passivamente che questi stati approntino strategie stragiste rivolte proprio contro l’occidente e i suoi valori democratici.
E’ una forma d’attacco subdola, una strategia di conquista che può essere affrontata solo se la si riconosce e la si affronta nel modo adeguato.