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Lo scandalo del Datagate sta toccando picchi davvero imprevedibili fino a qualche giorno fa, ma soprattutto ci mostra un Presidente americano ossessionato più dagli amici che dai nemici, un Presidente che con la scusa della sicurezza nazionale mette sotto controllo le rappresentanze diplomatiche di diversi Paesi europei e dei suoi alleati in Medio Oriente.

Lo scandalo a sua tempo clamoroso di Echelon è nulla in confronto al Datagate perché in questo caso non si parla di controllare e monitorare da satellite una gran quantità di comunicazioni attraverso alcune parole chiave, qui si è andati a installare veri e propri sistemi di spionaggio all’interno di rappresentanze diplomatiche, per di più di paesi alleati e non nemici.  Ha ragione il Presidente dell’Unione Europea quando dice che siamo di fronte a un fatto di una gravità inaudita.

Il problema ora è capire se Obama, come Presidente degli Stati Uniti, sia ancora una persona affidabile per gli alleati. L’impressione è che questa volta abbia passato il segno, specie se si confrontano gli eventi del Datagate con quello che l’amministrazione Obama ha fatto nei confronti dei veri nemici dell’America e del mondo libero. Mentre con i nemici Obama è parso prudente, persino accondiscendente, con gli amici si è rivelato una specie di serpe in seno, un falso amico intento a spiare gli alleati invece di concentrarsi sui nemici.

In questo caso il problema della Privacy è secondario, seppure importante. Qui si parla di fiducia tra alleati, si parla di vero e proprio tradimento in un contesto mondiale difficilissimo e complesso dove l’America sotto Obama è passata da guida democratica del mondo libero – con tutti i suoi difetti ed errori –  a spaventapasseri per terroristi e sponsor di una espansione islamica incontrollata in Africa e in Medio Oriente.

Il Datagate è l’esempio lampante della politica estera di Obama, una politica incomprensibile e devastante che in pochi anni ha distrutto decenni di lotta per la libertà, un politica fatta di accordi sotterranei con i nemici, di cedimenti e concessioni al terrorismo (vedi i colloqui con i talebani), ma paradossalmente fatta anche – come dimostra il Datagate – di ostilità e sospetto verso gli alleati e gli amici.

E questa volta Obama non potrà scaricare le sue responsabilità sugli altri come avvenne nel caso della morte di Chris Stevens, l’ambasciatore americano in Libia trucidato dai terroristi islamica. Questa volta Obama deve assumersi le proprie responsabilità e, visto che nessun diplomatico lo riterrà ancora una persona affidabile, rassegnare le dimissioni.

Obama deve liberare il mondo dalla sua inutile presenza,  dalla sua inettitudine e lasciare che l’America torni finalmente qual faro di democrazia in un mondo che sta cambiando in peggio proprio grazie alla follia di questo assurdo Presidente americano che favorisce i nemici e tradisce gli amici.

Adrian Niscemi