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L’accordo sul nucleare iraniano raggiunto a Ginevra lo scorso 24 novembre è tutta una farsa, anzi, a detta del portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Marzieh Afgham, non c’è nessun accordo ma solo una dichiarazione di intenti. Ormai è ufficiale, Obama ha spacciato una resa ai ricatti iraniani come una grossa vittoria diplomatica.

I fatti parlano chiaro: l’Iran non solo nega che ci sia un accordo ma rilancia il ricatto avvertendo che se gli Stati Uniti non ritireranno le sanzioni applicate dal Congresso (dove Obama è in minoranza) a 24 aziende iraniane, la struttura del nucleare iraniano ha la possibilità di riprendere l’arricchimento dell’uranio oltre il 20% in meno di 24 ore, confermando così indirettamente che quella sottospecie di accordo non limitava minimamente la capacità del programma nucleare iraniano.

E poi ci sono le parole, che pesano come macigni, del portavoce del Grande Ayatollah Ali Khamenei che in una intervista a un giornale iraniano ha detto che «l’attuale accordo prevede un periodo di prova di sei mesi prima di raggiungere un accordo definitivo, ma è una stupidata, non basteranno 20 anni per raggiungere un accordo definitivo» confermando quindi l’intenzione iraniana di procedere con il suo programma nucleare e che il cosiddetto accordo serviva solo ad allentare le sanzioni internazionali.

Poi c’è la questione delle date. Nel cosiddetto accordo, mentre le sanzioni all’Iran vengono sospese immediatamente, non c’è nessuna data di inizio per quanto riguarda la sospensione dell’arricchimento dell’uranio. Così si scopre che gli iraniani avevano opportunamente congelato le operazioni di arricchimento dell’uranio per pochi giorni, in concomitanza con l’arrivo degli ispettori AIEA, per poi riprenderle come se niente fosse affermando che non era stata specificata una data di inizio per lo stop della procedura.

Negli Stati Uniti, dove in molti avevano creduto alla farsa messa in piedi da Obama e Kerry, ora iniziano ad aprire gli occhi e chiedono al Congresso di vigilare sulle sanzioni tanto che proprio nei giorni scorsi il Congresso americano ha inserito 24 nuove aziende iraniane nella lista nera delle ditte sospettate di essere legate al programma nucleare iraniano. La decisione ha fatto scattare la stizzita reazione iraniana, che parla di “congresso ostaggio delle lobby sioniste” e di Obama che ha subito spedito Kerry in missione per cercare di calmare gli animi. Sconforto anche per Catherine Ashton che non sa più che pesci pigliare (ammesso che lo abbia mai saputo).

Nei fatti la decisione presa dal Congresso americano è andata a smascherare il bluff messo in piedi dai nuovi Gianni e Pinotto americani e dalla loro controparte europea mettendo una pietra tombale su questo fantomatico accordo farsa.

Adrian Niscemi