Le elezioni in Israele sono state una sorpresa, su questo non c’è dubbio, ma da qui a pensare che cambino il quadro della politica israeliana ce ne corre, in special modo per quanto riguarda la questione palestinese e quella iraniana.
Prima di tutto i risultati definitivi. La commissione elettorale li ha appena resi noti e il quadro che si delinea vede un sostanzioso arretramento della destra, una sorprendente (ma non tanto) affermazione dei centristi laici, una chiara bocciatura di Kadima (unico partito a parlare chiaramente della necessità di trattare con i palestinesi) e una complessiva frammentazione. Il Likud resta il partito principale con 31 seggi (ne aveva 42)seguito dal sorprendente Yaesh Atid che ne conquista 19, il partito laburista (Labor) ne conquista 15, Shas 11, Habayit Hayehudi 11, United Torah Judaism 7, Hatnuah 6, Meretz 6, United Arab List-Ta’al 5, Balad 3. Kadima con soli 2 seggi dovrebbe rimanere fuori.
Molti analisti fanno notare che la divisione tra il blocco di destra e quello di sinistra porta a una divisione pressoché perfetta della Knesset con 60 seggi al blocco di destra e 60 a quello di sinistra. Tuttavia credo che gli analisti sbagliano a considerare Yaesh Atid schierato a sinistra. E’ certamente un partito laico lontano dagli ultraortodossi, ma su questioni importanti come la vicenda palestinese e quella iraniane ha posizioni molto vicine a quelle della destra. Il suo leader, l’ex commentatore televisivo Yair Lapid, ha detto più volte che con i palestinesi non si tratta, che su Gerusalemme non si tratta e che il pericolo iraniano va affrontato con “estrema decisione”. Le differenza tra il Likud e Yaesh Atid stanno al limite nella politica interna e nelle considerazioni sugli ultraortodossi, ma niente che Netanyahu e yair Lapid non possano appianare.
Non per niente Netanyahu ha chiamato immediatamente Lapid per cercare un accordo su una coalizione che possa governare il Paese con una sostanziosa maggioranza e possa affrontare i problemi interni e i pericoli esterni nel miglior modo possibile.
Ancora è presto per avanzare ipotesi sulla futura coalizione che guiderà Israele, ma le esultanze dei sinistri mondiali (Obama in testa) sembrano altrettanto premature. Chi si è affrettato a chiedere subito la riapertura dei colloqui con i cosiddetti palestinesi non ha fatto bene i conti con il pensiero di Yair Lapid che di trattare con loro non ne vuol proprio sapere. E se proprio vogliamo vedere un cambiamento, che a mio modesto parere è molto positivo, lo possiamo inquadrare in una sostanziale perdita di potere degli ultraortodossi a favore dei movimenti laici. Vedremo nelle prossime ore come evolverà la situazione delle alleanze, ma di certo alla fine certe posizioni rimarranno invariate, con buona pace di Obama e dei sinistri.
Sarah F.