Il Caso di Aceh – Potere, Shariah e (pochi) Diritti

In Indonesia, la provincia di Aceh è la sola a poter implementare la shariah,  che dagli anni Duemila è diventata parte del diritto positivo in questa divisione amministrativa.

Aceh – Una Storia Particolare

La storia di Aceh è legata in maniera indissolubile al ruolo primario dell’Islam e al contrasto alle autorità esterne; nel XIII secolo, avvenne la conversione alla religione islamica. Da questo punto di vista, Aceh si presenta come una delle prime realtà ad abbracciare l’Islam, in quanto per la maggior parte dell’arcipelago indo-malese si deve aspettare la fine del XIV secolo o di quello successivo.

A partire dal XVII secolo, poi, si osserva una stretta connessione tra religione e politica, testimoniata dalla configurazione della società e dai documenti storici. L’influenza di Aceh si estende al secolo successivo, quando inizia un  lento ma costante declino, causato, principalmente, dalla concorrenza di altre entità statali, e in particolare dalla presenza delle potenze coloniali, e di quella olandese in primis. L’opposizione al controllo coloniale, in effetti, determina una guerra sanguinosa (1873-1904) che per oltre 30 anni oppone il Sultano di Aceh alle autorità olandesi. Nel corso di questo conflitto, si nota la notevole influenza dei leaders religiosi, che assumono un ruolo politico primario, e motivano gli acehnesi a combattere una ‘guerra santa’ contro gli olandesi.

Il termine della guerra, che segna la sconfitta di Aceh e della sua indipendenza come regno a sé stante, non sopisce, tuttavia, lo spirito autonomista e separatista. Il 17 agosto del 1945, quando Soekarno dichiara l’indipendenza dell’Indonesia, il governatore di Aceh mantiene significative riserve sulla costituzione secolare, e il movimento separatista Darul Islam, nato a Giava, si espande anche ad Aceh. Il lungo conflitto con il governo indonesiano termina nel 1962/3, ma non le rivendicazioni per una legislazione islamica ed una maggiore autonomia per Aceh.

Le tensioni scoppiano nuovamente nel 1976, quando nasce il Movimento per la Liberazione di Aceh, che ripropone le richieste separatiste; dopo quasi tre decenni di guerra vengono siglati gli Accordi di Helsinki (2005), che pongono formalmente termine allo scontro. Le clausole della pace prevedono la rinuncia, da parte di Aceh, all’indipendenza, e la concessione di un’ampia autonomia da parte del governo centrale, con la possibilità di implementare la shariah in questa provincia.

Il governatore di Aceh promulga, nel 2014, il Qanun Jinayat, QJ, la normativa penale islamica, che si affianca agli altri Qanun (regolamenti regionali/provinciali) promulgati a partire dagli anni Duemila; nel 2002 vengono emanati i Qanun  sulla fede, il culto e i simboli islamici, mentre nel 2003, vedono la luce le disposizioni sulle bevande alcoliche, il gioco d’azzardo e la ‘condotta indecente’. Mediante queste normative islamiche, viene ufficialmente applicata la shariah nel territorio provinciale, ad eccezione di quanto succede nel resto dell’Indonesia. La lunga storia di Aceh, del resto, ha impresso un carattere particolare a questa area e alla società acehnese.

Due Sistemi Paralleli

Ad Aceh, il sistema legale basato sulla shariah si sostituisce (nelle materie in cui esistono norme islamiche positive) alla legislazione secolare vigente nelle restanti province dell’Indonesia; pertanto, alcune condotte che non sono considerate reato per l’ordinamento indonesiano lo sono invece per quello acehnese. In altri casi, poi, la normativa di Aceh risulta più stringente rispetto a quella nazionale, come nel caso della costruzione dei luoghi di culto non islamici. Da notare, inoltre, che le previsioni del Codice Penale di Aceh si dovrebbero applicare, teoricamente, solamente ai musulmani residenti o che si trovano nel territorio della provincia (come i turisti).

Tra le condotte criminalizzate (considerate come un vero e proprio reato), se ne segnalano due; la prima riguarda l’omosessualità, un comportamento sanzionabile secondo quanto previsto dal primo comma dell’articolo 63 del Qanun Jinayat del 2014, che si riferisce all’omosessualità maschile, ‘liwath’. L’articolo successivo, poi, punisce l’omosessualità femminile, ‘musahaqah’, con le medesime sanzioni.

Chiunque commette intenzionalmente il crimine di Liwath (omosessualità maschile, ndr) è punito con una pena massima pari a 100 (cento) frustate o con una multa dell’importo massimo di 1.000 (mille) grammi di oro puro o con un periodo di reclusione inferiore o pari a 100 (cento) mesi.

(Codice Penale di Aceh, articolo 63, comma 1)

In caso di reiterazione del reato o nel caso in cui esso venga commesso ai danni di un soggetto di minore età, le pene sono incrementate; da notare che la punizione prevista (la flagellazione) viene eseguita pubblicamente, e non nel carcere o in altri spazi privati come avviene in altri Paesi (e.g. Singapore).

Un secondo esempio, poi, è costituito dalla consumazione/produzione e vendita di alcolici, condotte che  non costituiscono reato secondo l’ordinamento nazionale indonesiano, ma che vengono criminalizzate nella provincia di Aceh; gli articoli 15-17 del QJ, in effetti, qualificano come reati il consumo, la produzione e la vendita di ‘khamar’, ‘liquore’, ovvero alcol.

L’articolo 15, in particolare, prevede che

Chiunque beva Khamar (alcol, ndr) intenzionalmente è minacciato/a (punito/a, ndr) con una sanzione pari a 40 (quaranta) frustate.

(Codice Penale di Aceh, Articolo 15, comma 1)

In Indonesia, invece, il consumo e la vendita di bevande alcoliche non sono condotte delittuose, e nemmeno la loro produzione, in seguito ad un decreto del 2 febbraio del 2021, con cui l’allora Presidente Jokowi aveva concesso tale  possibilità. Si osserva, tuttavia, che tale concessione rimane subordinata all’autorizzazione dei singoli governatori, e non si applica in nessun caso ad

In entrambi gli esempi portati (omosessualità e bevande alcoliche), il trattamento è diverso da quanto previsto dall’ordinamento nazionale, e le pene previste dal Codice Penale Islamico sono sostitutive rispetto alla legge nazionale. In altre parole, una condotta omosessuale (o una delle altre tipologie di reato previste dall’ordinamento acehnese) viene punita esclusivamente secondo la legge di Aceh, e non  è possibile comminare anche eventuali sanzioni aggiuntive o differenti previste dalle leggi nazionali.

Libertà Religiosa ad Aceh

Nella provincia di Aceh, la libertà religiosa viene garantita in maniera nominale; il sito ufficiale del governo provinciale, a tale proposito, elenca i criteri che dovrebbero informare l’applicazione della legge islamica.

In particolare, si apprende che

L’attuazione della legge islamica ad Aceh deve aderire agli standard dei diritti umani; e l’Islam sostiene i valori dei diritti umani. Il governo di Aceh garantisce la libertà religiosa, l’armonia tra le comunità religiose di Aceh e non discrimina alcuna religione.

(Sito governativo della Provincia di Aceh, La Shariah ad Aceh)

Il Qanun Jinayat, tuttavia, prevede dei requisiti più stringenti per i luoghi di culto non islamici, e, di conseguenza, pone delle restrizioni concrete alla libertà religiosa delle minoranze presenti sul suo territorio. In passato, in alcuni distretti di Aceh si sono verificati numerosi incidenti, come intimidazioni ai leaders o ai fedeli religiosi cristiani, e/o la distruzione o chiusura delle chiese (sia cattoliche che protestanti). In questi casi, le autorità hanno contestato il fatto che questi luoghi di culto violavano le disposizioni del Qanun.

Le norme previste, tuttavia, risultano eccessivamente restrittive, e di fatto servono a regolare la presenza delle minoranze, e principalmente di quella cristiana, applicando decreti e sanzioni in maniera discrezionale e politicamente orientata. Nella provincia di Aceh, dunque, la libertà religiosa sembra gravemente compromessa a causa di un’impostazione che privilegia la conservazione dello status quo e la repressione immediata ed energica di qualunque minaccia percepita.

Libertà di Stampa

La libertà religiosa viene garantita solamente in maniera nominale, e la situazione non appare migliore per un’altra libertà, quella di stampa; nel 2012 Aceh era la Provincia con la minore libertà di stampa dell’intero Paese. La situazione, da allora, non deve essere migliorata, in quanto le difficoltà legate allo svolgimento della professione di giornalista e reporter in questa provincia sono direttamente riconducibili all’applicazione della legge islamica.

Generalmente, le testate giornalistiche scelgono di auto-censurarsi e di non affrontare tematiche che potrebbero risultare controverse e urtare la sensibilità religiosa della popolazione o delle autorità, o che potrebbero dare luogo a sanzioni previste dal Qanun. Tematiche (tra le altre) come i diritti delle minoranze religiose, i diritti delle donne e la libertà religiosa risentono pesantemente del clima creato dalla legge islamica, che scoraggia un approccio critico su tali problematiche.


Non ci si possono dunque aspettare rilievi critici nei confronti delle decisioni e delle azioni intraprese dalle autorità, come i raids che avvengono puntualmente nel corso del mese di Ramadan, tradizionalmente dedicato al digiuno nella religione islamica. In tale occasione, la polizia di Aceh organizza dei controlli rigorosi per accertarsi che i negozi siano chiusi durante le ore in cui i musulmani dovrebbero digiunare. A tale scopo, vengono spesso controllate anche le abitazioni private, nel timore che i cittadini vendano cibo e bevande al di fuori dei circuiti ufficiali. Solitamente, la stampa di Aceh (ma anche dell’Indonesia) si limita a riportare la notizia, senza ulteriori commenti, come si può apprezzare dall’esempio riportato di seguito.

L’Agenzia per l’Ordine Pubblico di Banda Aceh e il Wilayatul Hisbah (Satpol PP WH), o “polizia della sharia”, pianificano di intensificare il monitoraggio durante il Ramadan per prevenire le violazioni della legge islamica sotto un mandato del Forum di Coordinamento della Leadership Regionale (Forkopimda), secondo il responsabile dell’agenzia.

L’agenzia ha mappato le regioni prioritarie per i pattugliamenti intensificati, come i sottodistretti di Peunayong e Kampung Baru, e ha aggiunto che le regole specifiche per il mese sacro del digiuno includono un orario di apertura alle 21:30 per i caffé e i bar. “Ci assicureremo che nessun locale sia aperto durante l’isha [preghiera serale] e il tarawih [preghiere serali del Ramadan],” ha detto Rizal.

(The Jakarta Post, Banda Aceh ‘sharia police’ to tighten patrols for Ramadan, La ‘polizia della shariah’ di Banda Aceh intesificherà i controlli per il mese di Ramadan, 28 Febbraio 2025)

Di conseguenza, questo genere di attività viene considerato normale e perfettamente accettabile, oltre che permesso e incoraggiato da un sistema legale derivato da una stretta interpretazione dalle norme islamiche.

Islam e Società ad Aceh

Nel contesto di Aceh, l’Islam diventa la legalità, una situazione differente rispetto a quella che si può osservare nel resto dell’Indonesia; sebbene la religione maggioritaria sia rilevante a livello sociale, il caso di Aceh appare unico nel suo genere. Il tentativo del governo di questa provincia, dunque,  è quello di operare un’identificazione sempre più stretta tra le norme religiose e quanto avviene negli spazi pubblici e privati.

Anche se le norme islamiche sarebbero teoricamente applicabili solamente ai musulmani, di fatto la shariah tende ad essere applicata a tutti coloro che si trovano sul territorio della provincia. La chiusura dei negozi durante il Ramadan coinvolge tutti, e le norme sull’abbigliamento islamico femminile tendono ad essere estese anche alle donne cristiane. Il regolamento del personale di molti enti governativi acehnesi, in effetti, richiede alle donne di portare il velo islamico, a prescindere dalla loro religione, anche se spesso è la pressione sociale a determinare tale obbligo per le donne non musulmane.

Human Rights Watch, una nota organizzazione per i diritti umani, riportava, a tale proposito, che nell’intero Paese la tendenza era quella di imporre il velo islamico per donne e bambine negli spazi pubblici. Pertanto, sembra ragionevole ritenere che questa tendenza sia ancora più  pronunciata ad Aceh, dove la shariah è implementata in maniera esplicita; la pressione sociale, del resto, agisce in maniera molto efficace e spesso precede (o sostituisce) le norme positive.

Per questa ragione, le tematiche più controverse che potrebbero creare divisioni nella società non vengono affrontate, oppure vengono trattate in modo acritico. Si tratta, del resto, di un atteggiamento ritenuto accettabile e auspicabile dalla stragrande maggioranza della popolazione. Aceh, dunque, rappresenta un laboratorio sociale molto interessante, uno spazio che sfugge agli standards e alle classificazioni a cui si è abituati, e che crea enormi problemi alle minoranze.

Le problematiche non vengono percepite come tali, e questa situazione crea il terreno fertile per abusi sistematici e istituzionalizzati, che contribuiscono a rafforzare l’identità di Aceh come di una ‘roccaforte’ dell’Islam. Le controversie, in effetti, vengono rimosse o rimodulate nel dibattito e nell’immaginario pubblico. Coloro che dissentono dalla narrazione governativa diventano dei criminali, dei ribelli da reprimere e punire per aver cercato di disturbare l’ordine e l’armonia della società.

Autonomia e Potere

La provincia di Aceh, grazie all’ampia autonomia (semi-indipendenza?) di cui gode, costituisce un caso di studio molto interessante, e mostra come la storia può essere usata per costruire e ricostruire l’intera società secondo modelli che siano funzionali alla maggioranza che detiene il potere. L’ampia ed eccessiva discrezionalità delle definizioni legali, poi, permette alle autorità di estendere le norme ben oltre il loro intento originario. La legge che vieta la ‘vicinanza eccessiva’, ‘khalwat’, tra persone di sesso diverso non sposate o non legate da relazioni familiari, rappresenta ed illustra perfettamente questa situazione. Evidentemente, è l’interpretazione di questa espressione a determinare l’intervento delle forze di polizia, ed eventualmente la sanzione dopo il processo tenuto presso il tribunale islamico.

Il potere del governatore, infine, appare eccessivo, e, anche se i regolamenti (Qanun) dovrebbero essere subordinati rispetto alla legislazione nazionale, alla Pancasila (la filosofia di Stato) e alla Costituzione, di fatto le norme islamiche tendono a prevalere, diventando la sola legge e punto di riferimento a livello sociale e legale. Per queste ragioni, la provincia di Aceh può essere considerata come uno Stato nello Stato, e rappresenta molto bene le dinamiche presenti in un territorio in cui viene implementata la legge islamica.  La sostanziale assenza di controlli conferisce al legislatore acehnese un potere discrezionale eccessivo, a danno delle minoranze e dei cittadini, che di fatto hanno meno diritti rispetto a coloro che vivono (o si trovano temporaneamente) nelle altre province in cui non viene applicata la shariah. 

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Analista e Ricercatore in Ambito Storico, Geopolitico e dei Diritti Umani, con particolare attenzione per l'Asia e il Sud-Est Asiatico