Si è svolta ieri a Gerusalemme la marcia della comunità LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) legata al gay Pride inizialmente programmata per luglio e poi rinviata a causa della guerra di Gaza. Centinaia di persone aderenti alla comunità LGBT e non hanno sfilato con molta sobrietà da Gan HaPa’amon (Bell Park) verso Independence Park.
Tutto si è svolto con la massima tranquillità anche grazie alla collaborazione tra le forze dell’ordine e gli organizzatori, in particolare con l’associazione The Jerusalem Open House. Non era affatto scontato che la marcia sarebbe stata tranquilla dato che negli ultimi giorni Gerusalemme è stata teatro di diverse tensioni.
Come detto la marcia è stata molto sobria e una volta arrivati a Independence Park si è dato il via anche a una serie di dibattiti relativi alla situazione delle persone LGBT sia in Israele che nel resto del mondo anche con l’aiuto di diverse testimonianze di non israeliani. In particolare è tornato alla ribalta il problema dei gay palestinesi che si rifugiano in Israele che ormai sono diverse centinaia. Sebbene ampiamente tollerati dalle autorità vivono uno status molto ambiguo nel quale sono sicuri di non essere espulsi perché altrimenti rischierebbero di essere uccisi, ma non sono riconosciuti come rifugiati, per cui di fatto non esistono. Questo è un problema che Rights Reporte ha già affrontato con un report lo scorso mese di giugno e che rimane uno dei punti più controversi nella modernissima democrazia israeliana. Molti membri di diverse associazioni hanno riproposto il problema pur manifestando comprensione per le misure di sicurezza e per gli eventuali problemi che il riconoscimento dello status di rifugiato ai Gay palestinesi potrebbe comportare proprio per la sicurezza.
A dire il vero qualcosa si è mosso ma solo per quelle coppie che in qualche modo vengono riconosciute nelle quali il compagno o la compagna di origine palestinese vengono in qualche modo riconosciuti dalla Stato Ebraico. E’ successo diverse volte che il/la compagno/a palestinese venisse infatti legalizzato in quanto convivente con un cittadino/a israeliano e negli ultimi periodi si è assistito anche a diversi matrimoni omosessuali. Quindi qualcosa si muove ma ancora sono tanti i gay palestinesi e arabi (vi sono anche di altri paesi) che vivono una condizione di quasi invisibilità.
In ogni caso i gay palestinesi sanno che in Israele possono trovare rifugio dalle persecuzioni che avvengono nei loro confronti sia nei territori amministrati dalla ANP che in quelli amministrati da Hamas. Intanto la discussione è apertissima e siamo più che sicuri che si arriverà a un compromesso che garantisca sia la sicurezza di Israele che i diritti dei gay palestinesi.
[gss-content-box]Le immagini del Gay Pride di ieri le trovate nella pagina LesGayLize Italy[/gss-content-box]
[glyphicon type=”user”] Scritto da Paola P.
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