Oggi viene rilasciata Ahed Tamimi, la cosiddetta “Shirley Temple” palestinese, la nuova icona dei falsari, la reginetta delle fake news made in Pallywood e la stampa internazionale ci sguazza, quella stessa stampa che non ha speso una sola parola per la brutale uccisione di Maryam Faraji, vera attivista dei Diritti Umani iraniana, uccisa dal regime iraniano qualche settimana fa.
Eppure la storia di Maryam Faraji avrebbe meritato più di un titolo in prima pagina, non solo perché è una storia di resistenza vera ad un regime sanguinario come quello degli Ayatollah, ma soprattutto perché ricorda molto da vicino quella di Taraneh Mousavi, altra attivista per i Diritti Umani iraniana che nel 2009 venne rapita dalle forze Basij, torturata e violentata per 22 giorni e poi data alle fiamme.
Ma la stampa non si interessa di queste cose. Cosa volete che sia una povera ragazza iraniana uccisa e bruciata solo perché combatteva un regime sanguinario come quello iraniano, in confronto a una attricetta da due soldi bucati che ha fatto la fortuna della sua famiglia con video di provocazione e spesso montati ad arte?
Da una parte un regime islamico sanguinario di cui però nessuno si interessa e dall’altra una democrazia scomoda che ha l’ardire (inconcepibile per taluni) di resistere in un mare di regimi islamici com’è il Medio Oriente oggi.
A proposito, ieri l’Egitto ha condannato a morte 75 persone colpevoli di aver partecipato a un sit-in di protesta contro Al-Sisi. Avete per caso letto la notizia da qualche parte? Avete visto flotille dirigersi verso l’Egitto? Avete visto artisti di strada dipingere murales con il viso dei condannati a morte? Certo che no.
In compenso su Ahed Tamimi si sono sciupate fiumi di parole e milioni di caratteri. E siamo solo all’inizio. Presto la vedremo su ogni schermo, tornerà da Erdogan a prendere l’ennesimo attestato, le hanno dedicato persino un murales e chissà cos’altro. Una teppistella da due soldi bucati che riceve ogni attenzione del mondo a confronto con una povera ragazza iraniana che combatteva un regime veramente sanguinario ma che proprio perché iraniana e non palestinese, non merita nemmeno due righe.
Le storie di Ahed Tamimi e Maryam Faraji, le differenze sostanziali tra le due, sono la dimostrazione plastica di come il mondo dei media sia drogato dalla cosiddetta “causa palestinese”, di come un certo giornalismo si renda complice (inconsapevole o meno) sia del terrorismo islamico che dei peggiori regimi islamici di questo mondo. Evidentemente fa guadagnare molto di più attaccare la democrazia israeliana piuttosto che un regime sanguinario come quello iraniano, con buona pace della corretta informazione e della vera difesa dei Diritti Umani.