La Turchia è ormai la più grande anomalia dei nostri tempi. Mentre continua ad appartenere alla NATO e a dichiarare di puntare all’ingresso nell’Unione Europea, la retorica politica dei suoi leader si manifesta in maniera sempre più decisa in direzione del più bieco estremismo islamico.

Nel dicembre del 2017, il Consigliere per la sicurezza nazionale statunitense, HR McMaster, ha indicato la Turchia e il Qatar come prime fonti di finanziamento per l’ideologia estremista islamista a livello globale. «L’ideologia dell’islam radicale è una grave minaccia per tutti i popoli civili» disse allora McMaster ammonendo anche sul fatto che per troppo tempo USA e occidente avevano sottovaluto il rischio derivante dall’ideologia radicale islamica e non si erano accorti del suo dilagare.

La Turchia è diventata il simbolo più plastico di quello che l’ideologia islamica radicale può fare a una società relativamente civile o comunque laica com’era appunto la Turchia prima dell’avvento di Erdogan . In pochi anni il dittatore turco spingendo proprio sulla radicalizzazione religiosa è riuscito a trasformare la Turchia da uno Stato laico e moderno arrivato sull’orlo di un ingresso nella UE, in una teocrazia islamica spinta unicamente dall’odio verso l’occidente, da una forte componente di antisemitismo e non ultimo da una politica imbastita quasi totalmente sulla retorica islamica.

Quasi contemporaneamente alle parole di McMaster, arrivava un articolo scritto da Ibrahim Karagül, direttore del quotidiano turco Yeni Şafak, molto vicino a Erdogan e considerato il vero portavoce del regime turco, nel quale il Direttore islamista affermava che «la Turchia sta emergendo come un nuovo centro di potere contro gli Stati Uniti , il potere più forte del mondo … la questione non riguarda più Gerusalemme o la Turchia e Israele. È una resa dei conti tra gli Stati Uniti e la Turchia» aggiungendo poi che secondo lui l’obiettivo dell’America era quello di occupare i luoghi santi dell’Islam, la Mecca e Medina, parole durissime e preoccupanti mai smentite da Erdogan che sono la manifestazione plastica della più bieca retorica islamica volta ad incentrare attorno alla figura di Erdogan l’islam radicale.

La cosa strana e preoccupante è che le parole scritte nero su bianco dal più importante consigliere di Erdogan, qual’è appunto Ibrahim Karagül, non hanno scatenato alcuna reazione né in occidente né negli Stati Uniti. Tutti si sono limitati a sollevare le sopracciglia quasi fosse che l’esternazione di un fanatico qualsiasi invece che di uno dei più importanti consiglieri del dittatore turco.

Ancora più preoccupante è però il fatto che durante questi mesi la Turchia si è sostanzialmente comportata esattamente come l’entità descritta nel suo articolo da Ibrahim Karagül, si è cioè posta in contrapposizione agli Stati Uniti e all’occidente mentre Erdogan si è elevato sempre di più al ruolo di guida dell’islam radicale.

Svante E. Cornell dello Hudson Institute ne ha fatto una lunga e approfondita analisi (1) nella quale evidenzia come l’involuzione della Turchia da Stato laico a regime islamista rappresenti un enorme pericolo per tutto l’occidente e non solo per gli Stati Uniti e per Israele. Cornell nella sua analisi evidenzia come la stampa mainstream turca segua con maniacale dedizione le indicazioni del regime volte a consolidare la svolta islamista della Turchia allontanandola nel contempo da quei valori occidentali che l’avevano portata prima nella NATO e poi sull’orlo dell’ingresso nella UE.

Sempre Cornell ci ricorda come Necmettin Erbakan, riconosciuto come il fondatore dell’islam politico turco poi diventato il leader del movimento islamista, Milli Görüş, mentore di Erdogan e personaggio incredibilmente sottovalutato per la sua importanza nel diffondere la peggiore ideologia islamica anche in Europa (Milli Görüş è una organizzazione potentissima in Germania), abbia scritto un libro (uscito dopo la sua morte e intitolato Davan, in turco “la mia casa”) diffusissimo in tutto il mondo islamico, nel quale il mentore di Erdogan mostra tutto il suo disprezzo per l’occidente, il suo profondo antisemitismo e odio verso tutto quello che riguarda l’ebraismo visto come il male di tutti i mali. Ebbene, Erdogan per sua stessa ammissione ha basato la sua politica sugli insegnamenti di Erbakan basati quindi sul disprezzo dei valori occidentali e su un marcato antisemitismo e antiamericanismo.

Segnali ignorati dall’occidente

Tuttavia l’occidente continua a ignorare i bruttissimi segnali che arrivano dalla Turchia, specie quelli riguardanti il profondo antisemitismo del regime. Secondo Bassam Tibi e Marc Baer questa forma di antisemitismo non si basa sull’antipatia islamica tradizionale verso gli ebrei, ma richiama distintamente il pensiero razzista europeo del diciannovesimo secolo: gli ebrei sono immutabili e malvagi, e «portano tratti biologici essenziali che non potranno mai essere modificati». Questa visione turca che si differenzia dal tipico antisemitismo arabo viene spiegata nel libro “An Enemy Old and New”. In Turchia ci troviamo quindi di fronte al mutamento dell’islamismo stesso che sposa apertamente l’ideologia nazista e per questo ancora più pericoloso dell’islamismo radicale tradizionale già pericoloso di suo.

La Turchia sta quindi lentamente ma costantemente diventando il baricentro di un pericolosissimo nazi-islamismo che disprezza tutti i valori occidentali e ne sfrutta le vulnerabilità. Continuare a ignorare questa metamorfosi della Turchia come stanno facendo i Paesi europei è un errore che potrebbe rivelarsi fatale anche perché il regime turco si sta portando dietro quello che rimane dell’ideologia dello Stato Islamico, molto più vicina a quella turca di quanto non lo fosse a quella araba.