Parafrasando il famoso saggio di Hannah Arendt, si potrebbe dire che nei continui attacchi che Israele deve subire da Gaza, la comunità internazionale e i media mancano di assunzione di responsabilità e di comprensione della gravità del fenomeno.
Tutto diventa quindi normale, persino banale (come il male raccontato da Hannah Arendt). Ormai i missili che settimanalmente piovono sul sud di Israele non fanno più nemmeno notizia in occidente.
Ieri la Jihad Islamica ne ha lanciati quattro contro le comunità israeliane che confinano con la Striscia di Gaza. Due, diretti verso centri abitati, sono stati intercettati dal sistema Iron Dome, gli altri sono caduti in campo aperto.
Avete sentito niente a riguardo? Forse qualcuno avrà letto della risposta israeliana che ha bombardato alcuni siti di Hamas, quello ancora fa notizia soprattutto per far passare gli israeliani da “cattivi”, ma sui missili sparati sui civili israeliani, sul fatto che decine di migliaia di persone sono state costrette a correre nei rifugi nemmeno una parola, nemmeno una breaking news (se si escludono le fonti ebraiche su Facebook o su Twitter).
Ecco, tutto diventa normale, quasi banale. È un po’ come se i missili sparati da Gaza contro Israele rientrassero nella vita quotidiana, nella routine delle popolazioni israeliane che vivono a ridosso della Striscia di Gaza. Manca solo che qualcuno dica che scegliendo di vivere li, quella gente ha scelto di convivere con gli attacchi terroristici.
Ma non è normale. Non è normale che una madre la mattina porti il figlio a scuola sapendo che da un minuto all’altro quella scuola potrebbe essere centrata da un missile. Non è normale che un padre di famiglia vada a lavorare ben sapendo che non appena suonano le sirene ha a disposizione pochi minuti, a volte pochi secondi, per correre al riparo nei rifugi.
Nel sud di Israele si vive confidando in Iron Dome, confidando nella preparazione dei militari israeliani e nei rifugi e infine confidando nel divino.
Può essere normale una vita così che ormai va avanti da anni? E non basta immedesimarsi nella popolazione israeliana per capire, occorre vivere la situazione, occorre sentire le sirene dal vivo e sapere di avere pochi secondi di tempo per trovare un qualsiasi rifugio. Nel sud di Israele la prima cosa che si insegna ai bambini non è scrivere o leggere, ma come ci si deve comportare quando suonano le sirene.
Eppure non sembra che dall’esterno si capisca questa situazione, non sembra che la comunità internazionale e i media comprendano fino in fondo che questa situazione non può durare in eterno, perché è tutto fuorché normale.
Prima o poi questa situazione andrà sanata, i terroristi di Hamas e della Jihad Islamica dovranno essere messi in condizione di non nuocere. E quando questo avverrà sono sicura che la gran massa di ipocriti che fino a quel momento ha banalizzato il male tanto da ritenerlo “normale” non mancherà di scagliarsi contro “la violenza di Israele” verso coloro che quasi ogni giorno tentano di uccidere, uomini donne e bambini israeliani.
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