In un Medio Oriente sull’orlo di un conflitto su larga scala tra Iran e Israele, torna prepotentemente in auge il vecchio progetto ideato da Jared Kushner, genero del Presidente eletto Donald Trump, che dovrebbe mettere fine all’annosa questione palestinese.
Secondo Brian Hook, inviato speciale di Donald Trump per l’Iran durante il primo mandato del presidente eletto, uno dei progetti di Trump per il Medio Oriente sarebbe proprio il cosiddetto «piano del secolo», quel progetto cioè che secondo le indiscrezioni dell’epoca verterebbe su nove punti:
- controllo permanente della Valle del Giordano da parte del IDF
- la sicurezza di Giudea e Samaria affidata permanentemente a Israele
- scambi di terra non basati sulle linee armistiziali del 1967
- nessuna evacuazione degli insediamenti già esistenti
- Gerusalemme capitale di Israele che avrà il compito di garantire a tutte le religioni l’accesso ai luoghi santi
- capitale della Palestina situata ad Abu Dis, una città della West Bank che si trova alla periferia di Gerusalemme
- diritto al ritorno per i cosiddetti “profughi palestinesi” affidato a una “giusta soluzione” che comunque non prevede in alcun caso una loro collocazione in Israele
- annessione del 10% della Cisgiordania da parte di Israele
- riconoscimento da parte dei Paesi arabi di Israele quale “casa nazionale del popolo ebraico” e contestuale riconoscimento da parte israeliana dello Stato palestinese quale “casa nazionale del popolo palestinese”
All’epoca il piano fece infuriare i palestinesi ma non dispiacque ai sauditi, ora come allora principali sponsor di uno Stato palestinese.
In una intervista alla CNN proprio Brian Hook, che dovrebbe guidare la transizione al Dipartimento di Stato, oltre ad anticipare quale sarà la politica di Trump verso l’Iran, sulla quale ci torneremo, ha puntualizzato che dopo tutto questo tempo la creazione di uno Stato Palestinese è «meno appetibile» di quanto non lo fosse quattro anni fa. Quindi il piano del secolo versione 2025 potrebbe essere addirittura più «generoso» verso Israele della versione originale.
Tuttavia Hook ha ammesso che in questo momento gli israeliani non sono «dell’umore giusto» per discutere di uno Stato Palestinese e che hanno altre «priorità» come per esempio l’Iran.
Ed è proprio parlando di Iran nell’intervista alla CNN che Brian Hook anticipa quella che probabilmente sarà la politica di Trump verso l’Iran. Per farlo attacca l’Amministrazione Biden.
Hook ha accusato Biden di «aumentare la distanza tra i partner dell’America, definendo i paesi dei paria e facendo loro prediche su come dovrebbero vivere».
«Il presidente Trump capisce che il principale motore dell’instabilità nell’attuale Medio Oriente è il regime iraniano», ha affermato Hook. Al contrario, l’amministrazione Biden «ha adottato una politica di appeasement e di accomodamento con l’Iran, che ha portato a un fallimento della deterrenza, perché nessuno crede più ad una minaccia credibile dell’uso della forza militare».
Ora, Israele ha in mano il pallino per rovesciare questo modello. Fino ad oggi Gerusalemme aveva il freno a mano tirato da Biden e non sapendo chi avrebbe vinto le presidenziali americane non osava fare un passo più lungo di quello imposto da Washington. Ma ora il discorso cambia.
Non so quanto l’ex ministro della difesa israeliano, Yoav Gallant, contribuisse a frenare la voglia di colpire pesantemente l’Iran, voglia peraltro bipartisan. Lo vedremo i prossimi giorni, forse addirittura le prossime ore. So che questo è il momento giusto e che difficilmente ricapiterà. Insomma, è ora di chiudere la partita con Teheran.
Riguardo ai palestinesi, concordo sul fatto che non è il momento di parlare di «Stato palestinese», ma penso che su una cosa Gallant avesse ragione: è ora di pensare al disimpegno da Gaza e di concentrare tutte le forze sull’Iran e sui suoi proxy. Lasciamo la questione palestinese alla «diplomazia di Trump» e, speriamo, in quella di Jared Kushner, confidando che torni a fare il consigliere di Trump.