Durante una recente intervista condotta dalla giornalista Margaret Brennan nel programma Face of Nation della emittente CBS, il Presidente americano Donald Trump, parlando di politica estera e più precisamente dell’Iran, ha detto che gli Stati Uniti possiedono in Iraq la base più grande e più costosa del Medio Oriente.

In questo modo hanno la possibilità di intervenire in qualsiasi direzione, che si tratti di una minaccia nucleare o convenzionale, e i suoi uomini sono in grado di colpire prima degli avversari.

Ma ammette che se il personale dell’intelligence, di cui ha grande fiducia, lo sottovaluta, non avrà nessun problema a smentirli: «l’Iran è un paese malvagio che uccide molte persone” ha affermato Trump, che ha proseguito dicendo che “quando ho messo fine all’accordo sul nucleare, un accordo orribile fatto dal Presidente Obama e da John Kerry, non so a cosa diavolo stessero pensando! Ora, grazie alla fine di questo accordo, è rapidamente diventato un paese con grosse difficoltà finanziarie! Let’s see what happens!»

Obbiettivamente guardando la carta geografica l’Iraq si trova al centro del Medio Oriente e una o più forze di intervento rapido sono in grado di colpire in qualsiasi momento in Siria o in Iran. Ovviamente non sappiamo quante o quali forze speciali possano esserci, questo lo sapremo tra alcuni anni quando magari la situazione sarà più stabile.

L’evolversi della situazione odierna in quell’area, con tutti i protagonisti in gioco e i loro interessi, le alleanze, le rivalità, gli accordi precari, doppiogiochismo, bluff e imprevisti rende tutto molto caotico e ingarbugliato.

Di certo sappiamo che gli Stati Uniti ci sono, un po’ più defilati, senza farsi notare troppo, pronti ad intervenire come successo in Siria nel 2017 e 2018 quando il regime di Assad superò la cosiddetta “linea rossa” usando armi chimiche contro la popolazione per stanare i miliziani islamisti. E come ha detto Trump a conclusione dell’argomento “Let’s see what happens!”