Elezioni USA: le ragioni di Romney sul Medio Oriente

9 Ottobre 2012

Quando guardiamo al Medio Oriente oggi con l’Iran più vicino che mai al nucleare, con il conflitto in Siria che minaccia di destabilizzare la regione, con violenti estremisti in marcia, con un ambasciatore americano e altri tre uccisi da affiliati di al-Qaeda, diventa chiaro che il rischio di un conflitto oggi nella regione è più grande di quando questo presidente fu eletto“. Queste sacrosante parole sono state dette ieri da Mitt Romney ai cadetti militari della Virginia.

Parole sacrosante perché descrivono con incredibile semplicità e, se vogliamo, crudeltà, l’attuale situazione in Medio Oriente, una situazione che è stata provocata dalla miope e incompetente politica estera di Barack Hussein Obama.

A confermare che quanto detto da Mitt Romney corrisponde a verità ci ha pensato lo sceicco Abdullah bin Zayed al-Nahayan, Ministro degli affari esteri degli Emirati Arabi Uniti, che durante una conferenza stampa congiunta con il suo omologo ucraino, ha detto che “la politica degli USA e in particolare del Presidente Obama, tutta volta a favorire l’ascesa della Fratellanza Musulmana, è una politica suicida che ha destabilizzato il Medio Oriente e rischia di destabilizzare anche i Paesi del Golfo”. Abdullah bin Zayed al-Nahayan tocca anche il tasto iraniano. “Se l’Iran oggi è a un passo dalla bomba atomica – dice Abdullah bin Zayed al-Nahayan – lo dobbiamo alla debolezza degli Stati Uniti e di Obama”.

Romney ha posto l’accento in particolare sulla attuale situazione in Siria, una situazione che secondo lui Obama non ha saputo leggere in tempo e che continua a “leggere male” rischiando con la sua incompetenza di trasformare il conflitto interno siriano in un conflitto regionale. Poi è passato ad analizzare l’immobilità americana in crisi tipo quella libica, che sta letteralmente precipitando in queste ore, nella situazione egiziana e, soprattutto, nel suo mancato sostegno a Israele in merito al quale ha affermato che “Israele ha bisogno di un sostegno concreto, non di un sostegno a parole” aggiungendo che “la passività americana rischia di passare come un segno di debolezza o, peggio, come un segno di abbandono del più importante alleato in Medio Oriente”.

Per una volta la campagna elettorale USA ha quindi toccato la politica estera, uno dei punti deboli di Obama, e in questo caso rimane molto difficile contraddire le parole di Mitt Romney. La debolezza (o l’incompetenza) dimostrata da Obama in Medio Oriente rischia veramente di far precipitare in maniere incontrovertibile la situazione. Davvero un bruttissimo biglietto da visita per Obama che potrebbe favorire in maniera decisiva Mitt Romney nella corsa alla Casa Bianca.

Adrian Niscemi

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