Tra gli attentatori islamici che hanno colpito il Westgate Shopping Mall di Nairoby, in Kenya, vi sarebbero tre americani, un canadese, un britannico e un finlandese. Se confermato saremmo di fronte a una sostanziale evoluzione del terrorismo islamico, non inaspettata ma certamente importante.
La partecipazione di cittadini occidentali ad atti di terrorismo o a conflitti armati dove l’islam è una delle parti in guerra (Iraq, Afghanistan, Somalia, Siria, ecc. ecc.) non è certo una novità. Va precisato però che con il termine “cittadini occidentali” non si intende solo persone di etnia occidentale ma anche persone di etnia araba, africana e orientale cresciuti però in occidente, quelli che cioè che secondo un luogo comune piuttosto diffuso dovrebbero essere integrati nella società moderna e che invece stanno diventando l’arma più letale in mano al terrorismo islamico.
Questo è un problema serio che in occidente si sta drammaticamente sottovalutando. Negli ultimi anni il numero di musulmani cresciuti in occidente o convertiti all’Islam che si impegnano in conflitti che coinvolgono il terrorismo islamico o comunque l’estremismo, sono aumentati in maniera impressionante. A dirlo sono più o meno tutte le agenzie di intelligence. Queste persone sono l’arma segreta del terrorismo islamico, ragazzi all’apparenza integrati, giovani occidentali convertiti, persino donne occidentali convertite all’Islam, si stanno impegnando senza riserve nella Jihad. E sono estremamente letali perché in grado di confondersi tra la gente normale, possono colpire in qualsiasi momento senza destare alcun sospetto in merito alle loro intenzioni. E’ una evoluzione che in qualche modo ci si aspettava ma che in Kenya, se le voci saranno confermate, è esplosa in tutta la sua drammaticità.
Questa evoluzione non è solo un pericolo reale per le nostre città (quanto aspetteranno a colpire in Europa?) ma è soprattutto il fallimento della politica di tolleranza e integrazione che purtroppo in molti salotti buoni europei si continua a perorare come “emblema di civiltà”, un emblema sul quale il terrorismo islamico sta costruendo uno zoccolo duro che ci è praticamente entrato in casa senza che noi ce ne accorgessimo.
Carlotta Visentin
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