In Svezia sono completamente impazziti se è vera la notizia secondo la quale il Governo svedese sarebbe intenzionato a permettere il ritorno dei jihadisti dalla Siria senza alcuna condanna e addirittura fornendo loro nuove identità per una migliore reintegrazione nella società.
A darne notizia è il giornale svedese Expressen che riporta alcuni casi specifici di Jihadisti che dopo aver combattuto per ISIS in Siria sono rientrati in Svezia come se niente fosse e che addirittura lamentano di avere difficoltà a trovare lavoro.
Expressen tra gli altri cita il caso di Walad Ali Yousef, uno jihadista di 27 anni originario di Malmo che dopo aver combattuto in Siria con lo Stato Islamico una volta visto che ISIS stava perdendo ha deciso di tornare in Svezia. Intervistato dal giornale si è lamentato del fatto di non riuscire a trovare lavoro in quanto il suo nome e la sua foto erano stati inseriti in una lista nera che di fatto gli impedisce una “reintegrazione” nel tessuto sociale svedese. Yousef era stato fotografato a Raqqa, in Siria, con in mano un Kalashnikov mentre invitava i musulmani svedesi ad andare a combattere in Siria. Sempre Expressen cita Bherlin Dequilla Gildo, jihadista 39enne anch’esso originario di Malmo che aveva pubblicato alcune foto di se stesso in posa con alcuni cadaveri definiti “cani di Assad” il quale non solo è potuto rientrare tranquillamente in Svezia ma ha ottenuto di essere inserito in un programma per la protezione della identità generalmente riservato a coloro che testimoniano contro la criminalità organizzata.
Secondo Expressen sarebbero decine i Jihadisti svedesi rientrati dalla Siria che avrebbero ottenuto di entrare nel programma di protezione della identità con l’obiettivo di essere reintegrati nel tessuto sociale svedese invece di essere arrestati e andare in prigione. Almeno altri 100 sarebbero in fuga dalla Siria e vorrebbero rientrare in Svezia approfittando di questa possibilità. Una vera e propria follia che solo la Svezia poteva concepire.
Cerca di smorzare le polemiche l’esperto di terrorismo islamico Magnus Ranstorp, il quale afferma che solo “quelli veramente pericolosi” non rientrano in Svezia e che quelli che invece cercano di rientrare “non sono veramente pericolosi e meritano una seconda possibilità”. Ranstorp cita alcuni casi in cui le autorità svedesi hanno imprigionato e condannato i jihadisti più pericolosi, come Sultan Al-Amin, 31 anni, e Hassan Al-Mandlawi, 33 anni, condannati al carcere a vita per i crimini commessi nella città di Aleppo. Ma è un arrampicarsi sugli specchi. Le critiche giustamente fioccano anche perché sarebbe emerso che diversi jihadisti svedesi hanno continuato a ricevere i fondi sociali svedesi anche dopo che sono andati in Siria e si sono macchiati di crimini gravissimi. Premiarli anche con l’inserimento in programmi di recupero sociale sembra effettivamente troppo, ma essendo gli jihadisti cittadini svedesi secondo il Governo di Stoccolma hanno diritto a una seconda possibilità invece di venire arrestati.