Gaza: grandi manovre sotterranee tra Israele e arabi

5 Settembre 2015

Questa mattina Yedioth Ahronoth pubblica un articolo molto interessante scritto dal sempre ben informato Alex Fishman [1] nel quale l’analista riporta dei colloqui segreti tra Hamas e il Governo israeliano volti a scongiurare un nuovo conflitto a Gaza.

Fishman riporta una serie di proposte formulate in un documento dal Generale Yossi Ashkenazi nel quale si prospettano diverse soluzioni volte alla creazione di un porto navale dedicato esclusivamente alla Striscia di Gaza che non sia però un vero e proprio porto a Gaza, ma posizionato all’esterno. Nella fattispecie si parla di quattro alternative alla costruzione di un porto a Gaza, cioè:

  1. Un molo dedicato esclusivamente a Gaza costruito al porto di Ashdod
  2. La costruzione di un porto ad Arish, nel Sinai egiziano, che serva esclusivamente Gaza
  3. Un porto dedicato a Gaza ma costruito a Cipro o in Grecia
  4. Un porto per Gaza ma costruito su una piattaforma galleggiante a pochi Km dalla Striscia

Il punto sostanziale esposto dal Gen. Yossi Ashkenazi è che per evitare un nuovo conflitto con Hamas è necessario procedere nel più breve tempo possibile alla ricostruzione di Gaza, una ricostruzione purtroppo ancora molto indietro nonostante il massiccio ingresso di materiali da Israele (attraverso COGAT [2]). Oltre a questo si deve mettere Hamas nelle condizioni di poter governare la Striscia di Gaza nel lungo periodo onde evitare che gruppi legati all’Iran si infiltrino nella Striscia e la destabilizzino ulteriormente. Insomma, pragmaticamente parlando, se si vuole evitare una nuova guerra a Gaza occorre aiutare Hamas. Lo so, ai più potrà sembrare un controsenso, ma il ragionamento israeliano ha un senso, specie se si guardano le priorità di Israele.

Le priorità di Israele

Come abbiamo già spiegato qualche giorno fa, il problema principale per Israele è l’Iran, non Hamas. Ostacolare l’espansionismo iraniano vuol dire concentrarsi sul sempre più rovente fronte nord dove Hezbollah e pasdaran iraniani sono sempre più vicini al confine israeliano. Per farlo con efficienza Israele ha bisogno di calmierare il fronte sud, cioè quello con Gaza e Hamas. Ma a Gerusalemme sanno che non possono ottenere una concreta garanzia di calma se non fanno concessioni ad Hamas. Per questo motivo in questi giorni sono in corso serrate trattative in Giordania sia con emissari dell’Arabia Saudita e dell’Egitto che con emissari dell’Emiro del Qatar, cioè con il maggiore finanziatore di Hamas. L’obbiettivo non è solo quello di raggiungere un accordo con Hamas, ma anche quello di ottenere dai terroristi palestinesi l’impegno a ripulire la Striscia di Gaza dai gruppi legati a Teheran, a partire dalla pericolosissima Jihad Islamica.

Come arrivare a un accordo con Hamas

Come giustamente fa notare il Gen. Yossi Ashkenazi arrivare a un accordo con Hamas significa fare concessioni. Ma tali concessioni devono essere commisurate e non come quelle previste dal piano presentato dall’ex Premier britannico, Tony Blair, che in cambio di un accordo di pace di 15 anni prevedevano la costruzione di un porto a Gaza e la fine del blocco. Un po’ troppo, tanto che persino gli arabi (compreso Hamas) hanno capito che insistere su quella linea non avrebbe portato a nulla. La soluzione è quindi quella di mettere Hamas nelle condizioni di governare la Striscia di Gaza, di permettergli una ricostruzione veloce tenendo però fuori dai giochi la ANP, permettere al Qatar e all’Arabia Saudita di finanziare la ricostruzione e lo sviluppo di Gaza senza però dare troppa “mano libera” ad Hamas. In cambio chiedere non solo di interrompere ogni azione ostile nel confronti di Israele ma la totale pulizia dai gruppi legati all’Iran. La cosa non è semplice come può sembrare, prima di tutto per le forti resistenze dell’ala militare di Hamas che è poco propensa a interrompere gli attacchi a Israele, poi perché l’Iran non starà con le mani in mano ad aspettare che israeliani e arabi raggiungano un accordo in tal senso. La cosa positiva è che finalmente Israele e Paesi arabi si parlano avendo un nemico comune, l’Iran, quindi i colloqui ad Amman sono molto serrati nel tentativo di trovare una soluzione il prima possibile. Israele ha bisogno di far presto per potersi concentrare sul fronte nord e su Hezbollah.

Sembra di essere tornati indietro di molti anni quando la politica in Medio Oriente si faceva nelle segrete stanze degli hotel di Amman e mentre all’esterno si facevano minacce di guerre all’interno si raggiungevano accordi storici, quando nulla era come appariva. Ci voleva la consapevolezza del pericolo rappresentato dall’Iran per far capire agli arabi che il loro nemico non è Israele.

Scritto da Maurizia De Groot Vos

[1] Articolo di Alex Fishman su Yedioth Ahronoth

[2] Sito web del COGAT (Coordination of Government Activities in the Territories)

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