Il dilemma afghano (Report)

15 Gennaio 2013

Taliban Militants Surrender In Herat Province

Il 7 gennaio scorso si è svolto a New York presso la sede dello United States Institute of Peace (UISP) un interessante dibattito sul futuro dell’Afghanistan. Hanno partecipato al dibattito anche alcuni giovani afghani che studiano negli Stati Uniti grazie a un programma di sviluppo e ad alcune borse di studio private e il quadro che è emerso dovrebbe far riflettere coloro che vorrebbero lasciare l’Afghanistan nelle mani dei talebani.

La questione culturale – Il più grande ostacolo allo sviluppo dell’Afghanistan è senza dubbio “la questione culturale”. Se si fa eccezione per Kabul, il resto del Paese vive ancora una situazione culturale di tipo medioevale. Omicidi d’onore, matrimoni imposti, violenza sulle donne, divieto per le femmine di studiare sono solo alcuni degli aspetti che evidenziano la marcata arretratezza di buona parte dell’Afghanistan. A favorire questa situazione c’è il dominio pressoché totale dei talebani e dei loro seguaci ideologici. E’ una realtà della quale si parla poco in occidente e per risolvere la quale si è fatto davvero poco in tutti questi anni. Interessante a tal proposito la testimonianza di una ragazza afghana che ha riferito delle enormi difficoltà che incontrano gli operatori sociali nel proporre piani di sviluppo, l’apertura di scuole femminili, l’apertura di aziende e attività commerciali e artigianali gestite da donne. A proporre certe cose in Afghanistan si rischia la vita come dimostra l’uccisione di una operatrice sociale avvenuta nei giorni scorsi (qui il link della notizia quasi completamente trascurata). E non va certo molto meglio per i maschi costretti a frequentare unicamente le scuole coraniche e a crescere con quella assurda ideologia che ha portato all’avvento dei talebani. La questione culturale è certamente la sfida più importante da affrontare da subito se si vuole che la situazione in Afghanistan migliori nel giro di qualche anno. Il problema è che andrebbe affrontata con estrema decisione e non sembra che né il Governo né le forse di occupazione siano intenzionati a farlo.

La corruzione – Il secondo grandissimo problema (non certo per ordine di importanza) è quello che riguarda la diffusa corruzione che attanaglia il Paese. Non è possibile fare nulla in Afghanistan senza pagare un obolo a qualche politico o capoclan. E se questo vale per qualsiasi cosa, dalle più piccole alle più grandi, il pozzo senza fondo dove sono spariti (e continuano a sparire) gli aiuti internazionali è una vera e propria voragine. Centinaia di milioni di dollari destinati allo sviluppo del Paese, alla costruzione di infrastrutture, alla riconversione dei campi di papavero da oppio in coltivazioni agricole, alla scolarizzazione e alla sanità, sono letteralmente evaporati con il risultato che dopo dodici anni la situazione del Paese invece di migliorare è addirittura peggiorata. Sono ancora gli studenti afghani a parlarne affermando che “è impossibile parlare di sostenibilità e sviluppo in Afghanistan senza affrontare a brutto muso il problema della diffusa corruzione”. Sono decine le ONG che hanno dovuto rinunciare a programmi di sviluppo a lungo termine perché impossibilitate a operare senza pagare salatissime tangenti a qualche politico.

I talebani – E siamo al problema maggiore: i talebani. Nel corso di questi dodici annidi guerra invece di sparire hanno acquistato potere e in alcuni casi sono riusciti persino a legittimare alcuni loro rappresentanti come politici. I talebani non hanno alcun interesse allo sviluppo del Paese, anzi, più l’Afghanistan rimane sottosviluppato più possono imporre la loro ideologia. Controllano la totalità del traffico di droga. Negli ultimi 12 anni la produzione di papavero da oppio è praticamente triplicata il che la dice lunga sull’operato delle forze di occupazione. Secondo alcuni esperti dell’Onu il 2012 è stato l’anno dei record in termini di tonnellate di oppio prodotto. Controllano, direttamente o indirettamente, quasi tutte le province imponendo la loro legge. Impediscono la scolarizzazione femminile e impongono le scuole coraniche per i maschi. Adottano sistemi medioevali nell’amministrazione della giustizia impedendo l’applicazione delle normali regole di Diritto. Il tutto sotto gli occhi dei militari della NATO che invece di intervenire lasciano fare per la solita e assurda legge della “non interferenza”. La nuova politica imposta dall’Amministrazione americana e dalle altre potenze vuole che si individuino le frange moderate dei talebani e che si collabori con loro. E’ un errore enorme perché non esistono frange moderate tra i talebani. Esistono solo talebani più furbi degli altri ma non meno estremisti. Uno dei ragazzi intervenuti al dibattito ha riferito che dopo essere stato fuori dall’Afghanistan per diversi anni al suo ritorno ha trovato una situazione decisamente peggiore dove a farla da padrone era i conflitti tra i vari clan di talebani.

Conclusioni – Alla fine del dibattito i ragazzi afghani hanno chiesto che la comunità internazionale smetta di essere “tollerante” con i talebani e con i politici corrotti. Hanno chiesto un massiccio impegno per la promozione dei Diritti Umani, una politica di distruzione delle piantagioni di papavero e contestualmente una politica di riconversione agricola (si pensa a piantagioni di zafferano) che garantisca ai contadini gli stessi proventi che derivano dal papavero. Infine si sono detti molto preoccupati del fatto che la coalizione internazionale abbandoni l’Afghanistan nel 2014 senza aver prima messo in sicurezza le istituzioni e le forze armate. “Lasciare l’Afganistan come è adesso significa lasciare un dilemma aperto a cui la comunità internazionale non potrà sottrarsi in un prossimo futuro, significa far tornare il paese a prima del 2001 con l’aggravante di 12 anni di guerra e il potenziamento dei talebani” ha detto una delle ragazze afghane. Parole che sono rimbombate come tuoni ma che probabilmente non faranno cambiare idea a Obama.

Adrian Niscemi

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