Iran, Iraq e Libano, tre stati potenzialmente ricchi (i primi due ricchissimi) che invece vivono in uno stato di miseria inaudita, tre paesi che se non avessero a che fare direttamente con gli Ayatollah vivrebbero in pace e in ricchezza.
Le proteste che vediamo in questi giorni, i giovani iraniani, iracheni e libanesi che ormai da mesi scendono in piazza per chiedere libertà, giustizia sociale e democrazia hanno tutti un comun denominatore: sono nell’area di influenza degli Ayatollah o, come nel caso dell’Iran, sono direttamente sotto la loro oppressione.
Ieri in Libano è stata la giornata più dura di sempre. Oltre 200 persone ferite con gli scontri che ancora a tarda sera proseguivano.
I giovani libanesi al grido di «non pagheremo il prezzo» e di «rivoluzione» protestano contro una situazione finanziaria ormai al collasso e contro una politica che, bloccata da Hezbollah e dalla corruzione, non riesce a formare un governo che traghetti il Paese fuori dalle sabbie mobili del debito.
In particolare Hezbollah, per seguire gli ordini di Teheran, ha trascinato il paese nella guerra siriana che ha aggravato la già difficile situazione libanese portando il Libano sull’orlo della bancarotta con un debito di circa 87 miliardi di dollari, il 150% del PIL.
La situazione non è dissimile in Iraq, paese potenzialmente ricchissimo con tutte le carte in regola per riprendersi rapidamente dai danni provocati prima dall’invasione americana poi da quella dello Stato Islamico. Invece anche in questo caso la corruzione e soprattutto l’interferenza iraniana stanno bloccando tutto lasciando milioni di persone in povertà. Non è un caso che nel mirino dei manifestanti iracheni ci siano l’Iran, i gruppi paramilitari e i politici ad esso associati.
dell’Iran ne abbiamo parlato a lungo nei giorni scorsi. Qui la repressione contro coloro che protestano contro il regime degli Ayatollah è violentissima. Si parla di migliaia di morti, di decine di migliaia di ragazzi incarcerati. I pasdaran sparano sulla gente con pallottole vere come possiamo vedere dal video qui sotto.
I giovani di Iran, Iraq e Libano sono accomunati dalla voglia di democrazia e soprattutto di pace mentre i loro leader non solo pensano unicamente alla guerra, ma per farlo dilapidano immense fortune che potrebbero servire a risollevare in breve tempo i tre Paesi.
Quando qualche giorno fa gli Ayatollah hanno steso due bandiere, una americana e l’altra israeliana, per far vedere che i giovani manifestanti iraniani le calpestavano, è successo l’imprevedibile. I ragazzi iraniani non solo non le hanno calpestate passando di lato ma hanno duramente redarguito i pochissimi che lo facevano urlandogli contro le parole «disonore, disonore». Tutto documentato.
I ragazzi iraniani, iracheni e libanesi sono accomunati dalla voglia di pace, dalla voglia di una vita normale mentre gli Ayatollah continuano a trascinarli da un conflitto all’altro compromettendo intere economie e quindi il loro futuro.
È singolare come in occidente non si parli di questo, come non si faccia questa associazione tra le proteste dilaganti nel mondo sciita, una sorta di “primavera sciita”, pur di non “disturbare” gli Ayatollah.
Per quanto tempo ancora lasceremo che i pasdaran massacrino questi giovani che giustamente chiedono pace e prosperità? Per quanto tempo l’occidente continuerà ad essere complice di questi massacri e a coprire la grande rivolta sciita?