Medio OrienteIsraele deve recuperare il sostegno internazionale

Israele deve recuperare il sostegno internazionale

Franco Londei
Franco Londeihttps://www.francolondei.it/
Esperto di Diritti Umani, Diritto internazionale e cooperazione allo sviluppo. Per molti anni ha seguito gli italiani incarcerati o sequestrati all’estero. Fondatore di Rights Reporter

La comunità internazionale ha spostato la sua attenzione dagli orrori del 7 ottobre ai danni inflitti dalla campagna israeliana per distruggere Hamas

Di recente il Presidente americano, Joe Biden e il suo Segretario di Stato, Antony Blinken mi stanno più antipatici di quanto non lo siano normalmente. Personalmente, da amico di Israele, non ho affatto gradito la pesante interferenza e i ricatti che Washington ha palesato nei confronti dello Stato Ebraico e della sua guerra contro Hamas.

Non che gli Stati Uniti non abbiano voce in capitolo, ma un conto sono i consigli, un conto sono i ricatti e le decisioni stupide che finiscono per aiutare il nemico.

È vero, la guerra di Netanyahu non sta andando benissimo. I risultati sono deludenti, specie per quanto riguarda la liberazione degli ostaggi, ma non c’è alternativa alla distruzione di Hamas a meno che non si voglia creare un nuovo “sistema Hezbollah” anche a Gaza e in Cisgiordania.

Tuttavia il Segretario di Stato americano ha ragione su una cosa: serve un piano per il dopoguerra. E non serve a guerra finita, serve adesso per dare al conflitto una serie di obiettivi da raggiungere perché così com’è adesso non sembra che, a parte la liberazione degli ostaggi e la distruzione di Hamas, la guerra abbia obiettivi politici se non la preservazione della poltrona di Benjamin Netanyahu.

Per esempio, appare chiarissimo che non appena le forze di difesa israeliane (IDF) lasciano una zona della Striscia di Gaza perché apparentemente bonificata dalla presenza di Hamas, i terroristi ne riprendono immediatamente il controllo.

Vista da fuori, quella israeliana sembra una tattica confusionaria, senza un filo logico. Bonificano una zona e poi si spostano salvo poi dover tornare indietro con perdite anche di una certa importanza.

Poi a Gerusalemme non hanno ancora un vero piano per gli aiuti umanitari alla popolazione, un compito che spetta a Israele perché tecnicamente (adesso si) è potenza occupante. Anche su questo punto, spiace dirlo, Blinken ha ragione. Il COGAT sembra lavorare con le mani legate.

La comunità internazionale ha spostato la sua attenzione dagli orrori del 7 ottobre ai danni inflitti dalla campagna israeliana per distruggere Hamas. Questo divario di prospettiva potrebbe aumentare nelle prossime settimane se l’esercito israeliano espandesse i suoi sforzi per distruggere i restanti battaglioni di Hamas nell’affollata città di Rafah. La distribuzione degli aiuti umanitari alla popolazione diventa quindi un punto focale da abbinare alle operazioni militari.

Qualche giorno fa Netanyahu si è vantato del fatto che Israele può fare tutto da solo. Non so fino a che punto questo sia vero. Ho forti dubbi. Ma anche se fosse, non è forse meglio combattere con alle spalle una intera comunità internazionale che ti sostiene?

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