Ieri il Presidente della Autorità Nazionale Palestinese (ANP), Abu Mazen, ha fatto un passo che altro non è che l’ennesima furberia per congelare qualsiasi trattativa con Israele mantenendo però quell’aureola da santo che la comunità internazionale gli ha posto sul capo.

Ma cosa ha fatto e detto ieri il capo della ANP? Sostanzialmente ha riproposto l’iniziativa di pace proposta nel 2002 dalla Lega Araba e avvallata da Olmert che prevedeva il ritiro di Israele sui confini del 1967. Ma se fino a qui non c’è nessuna novità  nelle condizioni (e sottolineiamo la parola condizioni) poste da Abu Mazen, la novità sta nel fatto che sempre ieri la Lega Araba per mezzo dell’attivissimo Qatar aveva proposto un passo ufficiale con il ritiro di quel “piano di pace” capestro accettato da Olmert. Un atto del genere avrebbe voluto dire veramente la fine di ogni possibilità di dialogo e quasi certamente l’inizio di una fase conflittuale più accentuata che avrebbe potuto avere una infinità di sbocchi, compreso un vero e proprio conflitto armato. Per questo motivo Abu Mazen si è opposto fermamente alla proposta del Qatar di ritirare ufficialmente il piano di pace arabo.

Attenzione però, non si cada nel trabocchetto di credere che Abu Mazen lo abbia fatto per senso di responsabilità, non lo ha fatto certo per questo ben sapendo che comunque Israele non potrà mai accettare quel piano di pace. Lo ha fatto solo per mantenere uno stallo che sia posizionato tra una situazione di conflitto e una situazione di soluzione del problema. In sostanza, né guerra, né pace che è la condizione migliore a cui Abu Mazen può puntare per mantenere intatta quella finta condizione da vittima che gli hanno attaccato addosso e nel contempo garantire i suoi affari personali.

La distanza tra le posizioni israeliane e quelle arabe sta tutto sul fatto che i primi vogliono ripartire con i colloqui ma senza precondizioni, i secondi pongono una serie di condizioni sapendo benissimo che sono inaccettabili per Israele. Sono anni che va avanti così, da parte palestinese si cercano scuse per non fare la pace e allo stesso tempo non si fa precipitare la situazione.

Il problema, per Abu Mazen, è che Netanyahu, a differenza di Olmert, questa cosa l’ha capita da un po’ e non ci sta a cadere nel tranello arabo. Per questo motivo ha dato il via alla costruzione di nuovi insediamenti a Gerusalemme Est e in Cisgiordania. Vuole smascherare Abu Mazen e costringerlo a sedersi al tavolo delle trattative senza precondizioni.

Il dilemma adesso è capire se la comunità internazionale comprenderà questo fatto oppure continuerà ad abboccare alla tecnica araba che va avanti così dai tempi di Arafat il quale, capendo che non poteva vincere una guerra con Israele, optò per la “non pace”. Ne’ guerra, né pace.

Sharon Levi