Kurdistan (Rights Reporter) – Dal lato curdo del confine con l’Iran si possono vedere con facilità i carri armati iraniani. Ufficialmente sono stati schierati per partecipare a manovre militari congiunte tra l’esercito iraniano e quello iracheno, ma è chiaro che da parte di Teheran si tratta di una mossa intimidatoria nei confronti del Kurdistan che la scorsa settimana ha votato per l’indipendenza.

Le manovre militari congiunte tra Iran e Iraq sono state decise (improvvisamente?) a ridosso del referendum curdo congiuntamente alle manovre militari turche che si svolgono sul confine tra la Turchia e il Kurdistan iracheno. Non è dato sapere se i governi di Baghdad, Teheran e Ankara abbiano concordato un simile coordinamento ma nessuno a Erbil crede a questa coincidenza. Di sicuro c’è che Turchia, Iraq e Iran si sono detti contrari alla indipendenza del Kurdistan e che hanno minacciato in più occasioni di ricorrere all’uso militare della forza per impedire la secessione della regione curda. Ed è di ieri la notizia che una piccola forza dell’esercito iracheno partecipa anche alle manovre turche, un altro indizio che ben presto le minacce potrebbero trasformarsi in fatti concreti.

Progressiva escalation

Ieri il capo dell’esercito iraniano, generale Mohammad Baqeri, parlando delle manovre congiunte ha dichiarato che «Iran, Turchia e Iraq condividono la stessa posizione sul referendum in Kurdistan e tutti insistiamo sulla sacralità della sovranità irachena» aggiungendo che le forze armate dei tre paesi aumenteranno ulteriormente la loro cooperazione in campo militare ammonendo poi il Governo curdo di non “tirare la corda”.

Sul fronte del Kurdistan ieri il Presidente curdo, Masoud Barzani, ha visitato la zona di Kirkuk, una delle aree attualmente occupate dai Peshmerga curdi che non fanno parte del Kurdistan iracheno e sicuramente l’area più contesa per via dei sui ricchissimi giacimenti petroliferi. Parlando alla gente preoccupata per l’escalation militare ha detto che «Kirkuk è una città curda esempio di convivenza tra nazioni e religioni diverse e non sarà abbandonata». In una intervista con Bernard-Henri Levy, Barzani ha detto che «il popolo curdo ha sopportato di tutto, massacri, deportazioni e bombardamenti con il gas nervino e non si farà certo intimidire dalle minacce turche e iraniane».

Alle parole dette da Barzani a Kirkuk ha risposto a stretto giro di posta il Ministro della difesa iracheno il quale ha dichiarato che «le autorità irachene intendono prendere il controllo dei confini della regione curda autonoma in “coordinamento” con l’Iran e la Turchia». Una dichiarazione chiarissima che non lascia adito a dubbi sulle intenzioni di Iraq, Turchia e Iran.

Il voltafaccia americano

In tutta questa escalation, per fortuna al momento solo a parole, spicca il silenzio americano. Dopo che la settimana scorsa il Dipartimento di Stato aveva detto di non riconoscere il referendum curdo, abbandonando di fatto i curdi al loro destino, gli americani si sono ben guardati dal pronunciarsi sulle pericolose manovre militari iraniane, irachene e turche al confine con il Kurdistan. Pur consci della pericolosità delle intenzioni di Baghdad, Teheran e Ankara gli americani non hanno fatto un fiato in difesa del Kurdistan. E una sorta di OK americano alle operazioni militari di questa strana alleanza e se non lo è assomiglia tanto a una operazione in stile Ponzio Pilato.

Il Kurdistan non ha commesso alcun crimine

Barzani con Bernard-Henri Levy
Barzani con Bernard-Henri Levy

Nella intervista con Bernard-Henri Levy il Presidente curdo ha ribadito che con il referendum il Kurdistan non ha commesso alcun crimine. «E’ solo una prima fase. Non chiediamo una separazione immediata» ha detto Barzani. «Non abbiamo violato nessuna legge federale irachena né la carta delle Nazioni Unite. E ho ribadito ripetutamente, fino al giorno della votazione, che non si trattava di proclamare un’indipendenza frenetica o unilaterale, ma piuttosto l’apertura di una sincera negoziazione con Baghdad» ha poi concluso Barzani.