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Sui negoziati di pace in Medio Oriente occorre aprire una riflessione seria perché per come sono stati condotti fino ad oggi da Kerry e da altri sono solo una truffa mediatica (l’ennesima) e non si arriva da nessuna parte facendo solo il gioco di chi la vera pace non la vuole. Per smascherare questa vera e propria truffa usiamo le linee guida delle Nazioni Unite fornite ai loro Peacemaker.

Partiamo dal punto più importante, quello del negoziatore internazionale. Le Nazioni Unite fanno notare che il negoziatore deve essere prima di tutto una figura imparziale. E qui ci sarebbe da ridire sulla imparzialità di John Kerry o di Catherine Ashton che da dietro tira le fila di questo negoziato. Il negoziatore deve poi inquadrare alcune cose fondamentali tra le quali le più importanti sono senza dubbio:

  • l’oggetto delle negoziazione
  • Il tema della negoziazione
  • La metodologia della negoziazione

E qui dobbiamo fermarci un attimo e chiederci quale sia l’oggetto della negoziazione tra Israele e palestinesi, cioè se sia solo la nascita di uno Stato Palestinese oppure sia la nascita di uno Stato Palestinese accanto ad uno Stato ebraico che si riconoscono reciprocamente, con confini ben definiti e norme di sicurezza chiare e definite puntigliosamente. Da come vanno avanti i colloqui di pace in Medio Oriente sembra che l’obbiettivo dei negoziatori sia solo il primo, cioè solo la nascita di uno Stato palestinese. Di tutto il resto nemmeno se ne parla. Se poi parliamo del tema della negoziazione ci accorgiamo che il tema è genericamente la pace. Ma si può parlare di pace con chi ha come obbiettivo dichiarato quello di distruggerti e che negli ultimi mesi ha condotto una intensa campagna del terrore culminata (ma non certamente terminata) con gli ultimi attacchi di ieri?

Ma andiamo avanti. Un’altra delle principali direttive delle linee guida delle Nazioni Unite per i Peacemaker è quella che riguarda l’individuazione delle parti in causa. Bene, in Medio Oriente si conosce con certezza solo una parte in causa, cioè Israele. Dall’altra parte chi c’è? E soprattutto, chi rappresenta? Coloro che partecipano ai colloqui di pace vengono chiamati genericamente “palestinesi” ma appartengono a una sola fazione, Fatah, non eletta democraticamente (Abu Mazen come Presidente è decaduto da anni e nuove elezioni non sono mai state indette), mentre dall’altra parte c’è Hamas che sembra avere la maggioranza dei consensi popolari ma che non solo rifiuta qualsiasi accordo di pace con Israele ma ha come obbiettivo dichiarato la distruzione dello Stato Ebraico. Poi c’è una terza fazione di cui però nessuno parla nonostante la sua costante espansione e la sua indubbia pericolosità, la Jihad Islamica. A ben vedere quindi chi parla a nome dei “palestinesi” rappresenta in effetti solo una esigua minoranza degli stessi. Quale attendibilità può avere un accordo di pace con questa gente?

E qui ci accorgiamo che mancano le basi per il compimento della parte fondamentale delle linee guida delle Nazioni Unite per i Peacemaker, cioè la fase finale, quella che indica la messa in pratica delle precedenti fasi e il raggiungimento di un accordo temporaneo o definitivo. Come si può arrivare a un accordo (temporaneo o definitivo) se non sono chiari l’oggetto della negoziazione, il tema della negoziazione e, soprattutto, le parti in causa nella negoziazione? E se il negoziatore non è parziale come si può sperare in un accordo equo?

Cosa fare per parlare seriamente di negoziati di pace in Medo Oriente?

Prima di tutto individuare con certezza quali sono le parti in causa, cioè chi parla con chi e a nome di chi. Se poi l’oggetto è la pace e non solo la nascita di uno Stato palestinese (come viene dichiarato) occorre il reciproco riconoscimento come precondizione per iniziare i colloqui e non come conseguenza dei colloqui stessi. Infine occorre decidere in fretta cosa fare con Hamas e la Jihad Islamica. Sembra che tutti facciano finta che questi due gruppi terroristici non esistano ma invece ci sono e influiscono non poco. Controllano la metà del futuro territorio palestinese e hanno un consenso popolare ben più vasto di quello che ha la ANP di Abu Mazen. Per fare un esempio terra a terra, è come se in Italia si volessero fare le riforme solo con SEL senza tenere conto del PD e di Forza Italia.

Fino a quando questi punti non verranno risolti ogni accenno ad accordi di pace in Medio Oriente è semplicemente una truffa, un diversivo politico per attrarre consenso e denaro. Nulla di più.

Miriam Bolaffi