I difensori dei Diritti Umani del mondo arabo la chiamano “malattia del potere” quella che attanaglia i vecchi leader arabi che non ne vogliono sapere di lasciare i loro posti di dominio nonostante malattie ed età avanzata.
I due esempi più eclatanti sono quelli del Presidente algerino Abdelaziz Bouteflika e del Presidente della Autorità Palestinese Maḥmud Abbas, alias Abu Mazen.
Il primo è al potere ininterrottamente ormai da decenni. Eletto Presidente nel 1999 ha fatto in modo di essere eletto per altri quattro mandati e anche quest’anno, nonostante i suoi 82 anni e il gravissimo ictus che lo ha colpito, si è ripresentato come candidato alla presidenza tra le proteste popolari.
Il secondo è presidente della Autorità Palestinese dal 2005 e nonostante il suo mandato sia scaduto il 15 gennaio 2009 egli ha sempre mantenuto il potere rifiutando con vari espedienti di indire nuove elezioni.
Ma quasi tutto il mondo arabo è guidato da uomini che da anni detengono il potere per successione o attraverso elezioni farlocche.
Arabia Saudita, Bahrein, Oman, Sudan, Siria, Giordania, Quatar e altri sono guadati da anni, persino da decenni, dalle stesse persone o, nel migliore dei casi, dai figli dei dittatori precedenti. Alcuni periodicamente organizzano elezioni che definiscono democratiche ma che in realtà sono tutto fuorché democratiche.
Nella lista mancano Iran e Turchia perché non sono paesi arabi ma potremmo tranquillamente inserirli nell’elenco dei regimi che soffrono della malattia del potere e che per questo bloccano qualsiasi sviluppo economico e sociale del mondo arabo o, più in generale, del mondo islamico.
La malattia del potere
Secondo Ali al-Hamad, noto analista politico egiziano, in Medio Oriente «c’è una malattia che si chiama “autorità” o “potere”», una malattia che fa si che una volta raggiunto il potere i leader arabi non lo lasciano più e lottano per mantenerlo ad ogni costo. «In tutte le nazioni arabe, in tutto il mondo arabo, una volta che qualcuno ottiene il potere diventa irremovibile» dice Ali al-Hamad.
Lo sviluppo economico e sociale bloccato
In questo modo lo sviluppo economico e sociale del mondo arabo rimane praticamente bloccato. Dove ci sono ricchezze queste rimangono in mano di pochi elementi senza alcuna redistribuzione. Dove le ricchezze non ci sono, chi governa da decenni pensa solo a mantenere il potere mentre le popolazioni vivono in condizioni di miseria senza alcuna possibilità di sviluppo.
Secondo Ali al-Hamad «è una situazione esplosiva» che rischia in più nazioni di innescare nuove e più violente “primavere arabe”. «I giovani arabi sono stanchi di questi vecchi leader ancorati ai loro troni e alle vecchie tradizioni che interdicono qualsiasi forma di sviluppo. Vogliono cambiare ma si rendono conto che questo non è possibile per via democratica».
Il fallimento delle primavere arabe pesa ma non ferma i giovani arabi
Il fallimento delle cosiddette “primavere arabe” pesa ancora e molti giovani arabi non sono ancora pronti ad andare contro i regimi che li governano.
Ma quell’esperienza è servita. Molti giovani nel mondo arabo considerano la Fratellanza Musulmana come responsabile di quel fallimento perché nel momento in cui si stava dando la spallata definitiva a diversi regimi i Fratelli Musulmani hanno cercato di sostituirsi ad essi, non senza (purtroppo) l’appoggio occidentale che vede erroneamente nella Fratellanza Musulmana un forma di “islam moderato”.
Ora nel mondo arabo nascono nuovi movimenti di opinione, lontani dall’ideologia dei Fratelli Musulmani, ma molto più prudenti. Però il fuoco cova sotto la cenere e molti giovani cominciano a prendere coscienza che non possono più vivere nel medio evo come i loro leader vorrebbero. Persino i giovani palestinesi cominciano a capire che il problema è la loro leadership e non Israele come ben dimostra questo epico attacco alla Autorità Palestinese alle Nazioni Unite da parte di un giovane palestinese.
Sempre più spesso eminenti opinionisti arabi avvertono che la misura è colma, che i giovani arabi sono stanchi di dover cercare nuove possibilità di vita all’estero, di dover sottostare a leggi medioevali che bloccano il loro sviluppo. E’ un bomba a orologeria pronta a esplodere di nuovo sperando che questa volta Fratelli Musulmani e occidente ne stiano fuori.